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Salute

Nuove dipendenze, internet e videogiochi sono un pericolo per gli adolescenti, come intervenire

Come riconoscere i sintomi di queste vere e proprie patologie, catalogate come "dipendenze comportamentali"

Gli adolescenti sono di per sé fragili perché vivono una fase di trasformazione importante. Basti questo per capire quanto la situazione indotta dalla pandemia, con isolamento sociale e azzeramento dei contatti e delle occasioni di incontro, abbia inciso sulla loro salute psichica. A favorire questa instabilità, l'uso sempre più ossessivo di strumenti digitali come smartphone, tablet e pc, che sono diventati strumenti di comunicazione e di relazione, da un lato, e di studio e di gioco, dall’altro. Ma sempre più di frequente l'uso si trasforma in dipendenza. Questo rappresenta il rischio maggiore a cui vanno incontro adolescenti e preadolescenti, ormai costantemente connessi.

I problemi psicofisici della connessione perenne

Oltre a portare squilibri nei ritmi del sonno e a danni alla vista e alla schiena, un abuso di questi device può portare un calo dell’attenzione con conseguenze sul rendimento scolastico, e una perdita di interesse per il mondo esterno, per le attività ricreative e interpersonali, che porta a considerare solo le relazioni online.

Da alcuni anni la comunità scientifica internazionale si sta interrogando se considerare le dipendenze comportamentali come queste, vere e proprie patologie su cui intervenire con terapie mirate. Recenti studi sul tema dimostrano che un conmportamento umano è in grado creare dipendenza in modo simile a sostanze quali alcol e droga. Per questo l’OMS ha deciso di inserire nella classifica internazionale delle malattie (ICD) anche quella da videogiochi e da Internet, insoerendole di fatto tra i disturbi psico-comportamentali.

Come dicevamo, la pandemia non ha fatto altro che aumentare in tutto il mondo di casi di dipendenza da Internet e da gioci online, e di problemi ad essi correlati. Le indagini epidemiologiche rivelano che il 5% dei giovani tra i 14 e i 21 anni è moderatamente dipendente da Internet (social network, gioco online, shopping o siti pornografici). In particolare, uno studio mostra che la dipendenza dal gioco online (IGD) colpisce fino al 3% degli adolescenti e sembra essere correlato a sintomi psicosociali intensificati.

Quali strategia terapeutiche per le nuove dipendenze?

Sebbene il riconoscimento recente di questi disturbi come “dipendenze comportamentali“ rappresenti un significativo passo avanti per l'identificazione e il trattamento dei soggetti che ne soffrono, sono ancora pochi gli studi che hanno indagato sulle cause e su possibili trattamenti terapeutici. Un importante contributo per la cura di questo tipo di dipendenza arriva da un recente studio clinico randomizzato condotto da un team di ricerca della Goethe University Frankfurt (in Germania). La ricerca, pubblicata su JAMA Network Open, ha scoperto come l'intervento PROTECT (basato sulla terapia cognitivo comportamentale) nelle scuole superiori sia efficace nel ridurre i sintomi, il tasso di incidenza e i comportamenti associati al disturbo del gioco e al disturbo non specificato dell'uso di Internet.

I disiturbi della dipendenza da Internet

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) - uno dei sistemi nosografici (che descrivono le malattie) per i disturbi mentali o psicopatologici più utilizzati da psichiatri, psicologi e medici di tutto il mondo - ha inserito i criteri di diagnosi per la dipendenza da Internet e dai giochi online tra le condizioni che necessitano di ulteriori studi e ricerche, Secondo il manuale, gli elementi principali su cui si basa questo disturbo sono: 

• preoccupazione,
• astinenza,
• apatia,
• stress,
• nervosismo,
• effetti psicosociali.

Lo studio

I ricercatori hanno raccolto i dati di 422 adolescenti a rischio di età compresa tra 12 e 18 anni in 33 scuole superiori in Germania. Sono stati inclusi nel campione i ragazzi che manifestavano sintomi elevati di disturbo del gioco e disturbo non specificato dell'uso di Internet. Di questi, 167 sono stati iscritti a un corso PROTECT, mentre 255 sono stati utilizzati come gruppo di controllo senza alcuna formazione PROTECT impartita.

Il corso PROTECT è tenuto da psicologi qualificati e consiste in quattro sessioni di 90 minuti. I partecipanti sono stati valutati nell’arco di un anno (dopo 1 mese, dopo 4 mesi e dopo 12 mesi) tra il 1 ottobre 2015 e il 30 settembre 2018.

Cos’è il metodo PROTECT

Come con altre tecniche di terapia cognitivo-comportamentale (CBT) - che si propongono di aiutare i pazienti ad identificare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d'interpretazione della realtà per sostituirli e/o integrarli con convinzioni più funzionali -, il corso PROTECT ha l'obiettivo di cambiare i modelli di pensiero negativi per modificare il comportamento: in questo caso, sono stati affrontati fattori di rischio come noia, problemi motivazionali e ansia sociale. L’intervento PROTECT ha ridotto la gravità dei sintomi del 40%

Grazie all’approccio PROTECT si è registrara una riduzione della gravità dei sintomi sia dei disturbi del gioco che di quelli di Internet. Dopo un anno, i ricercatori hanno infatti rilevato che la gravità dei sintomi dei giochi e dei disturbi di Internet era diminuita del 39,8% nel gruppo PROTECT, rispetto al 27,7% del gruppo di controllo. Tuttavia, non vi era alcuna differenza significativa tra i due gruppi nei tassi di incidenza di entrambe le condizioni dopo un anno.

Le analisi descrittive dei sintomi hanno anche mostrato un aumento iniziale della gravità dei sintomi del disturbo del gioco o del disturbo non specificato dell'uso di Internet entro il primo mese nel gruppo di intervento PROTECT, rispetto a una diminuzione della gravità dei sintomi nel gruppo di controllo di sola valutazione. "Questa reazione paradossale - hanno chiarito i ricercatori - potrebbe essere spiegata da un'elevata consapevolezza del comportamento problematico di Internet, indotta dall'intervento PROTECT”.

L’importanza della prevenzione

I ricercatori - avendo constatato che l'incidenza per le due condizioni non è diminuita nel corso dei 12 mesi - suggeriscono come sia fondamentale fermare i comportamenti di dipendenza il prima possibile sia la soluzione migliore per evitare che peggiorino e la condizione si ripercuota negativamente sulla qualità di vita dei ragazzi.

"In genere - hanno spiegato i ricercatori - la prevenzione dovrebbe iniziare prima della manifestazione dei sintomi e dovrebbe mirare alle persone che potrebbero trarne il massimo beneficio e sono selezionate in base a fattori che aumentano il rischio di insorgenza della malattia, come l'età e i primi sintomi”. In base ai risultati di questo studio, i ricercatori suggeriscono che i materiali PROTECT potrebbero essere forniti da insegnanti e consulenti nelle scuola per prevenire questi tipi di dipendenza.

La mappa dei centri in Italia per la dipendenza da Internet

L'Istituto Superiore di Sanità ha messo a disposizione la prima mappa delle strutture socio-sanitarie presenti in Italia che si occupano dei disturbi legati alla dipendenza da internet, messa a punto dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell'Iss. La mappatura, realizzata nell'ambito del progetto "Rete senza fili: tante connessioni possibili" del Ccm (Centro controllo malattie), ha censito in totale 99 strutture, di cui 83 afferenti al Servizio sanitario nazionale e 16 al privato sociale.

I servizi offerti

Tra i principali servizi offerti il sostegno psicologico al paziente (93%), seguito dalla psicoterapia individuale (91%) e da interventi di sostegno psicologico ai familiari (82%), che si avvalgono di diverse figure professionali, quali psicoterapeuti (29%), assistenti sociali ed educatori professionali (entrambi 16%), medici specialisti in psichiatria o neuropsichiatria (15%).

“Offrire agli utenti alle prese con un uso problematico da internet un aiuto per identificare subito il servizio più idoneo può favorire un più facile accesso alla presa in carico e al trattamento di questa dipendenza e prevenire così la cronicizzazione del disagio”, ha sottolineato Roberta Pacifici, direttrice del Centro Nazionale Dipendenze e Doping.

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