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Università di Perugia, la ricerca sull'infertilità di coppia: "Scenari per un trattamento personalizzato"

Coordinato dal professor Giovanni Luca dell’Ateneo di Perugia

E’ stata pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale “Frontiers in Endocrinology” una ricerca, frutto di una collaborazione italo-spagnola, che, per la prima volta, ha studiato gli effetti di 3 diversi tipi di ormone follicolo stimolante (FSH) disponibili sul mercato: FSH alfa, FSH beta e urinario, su un modello cellulare unico “in vitro”: le cellule del Sertoli di suino.

Mentre i primi due tipi (alfa e beta) vengono ottenuti “industrialmente”, in laboratorio, con una tecnologia chiamata DNA ricombinante, il terzo (l’urinario) viene ottenuto tramite urine di donne in menopausa altamente purificate. 

L'ormone follicolo-stimolante (FSH), principale regolatore della follicologenesi nella donna e della spermatogenesi nel maschio, svolge un ruolo chiave nell’induzione della fertilità maschile e femminile. Mentre il suo utilizzo nelle pazienti infertili è ormai ampiamente standardizzato nell’induzione dell’ovulazione, nei maschi il suo utilizzo è ancora controverso seppure recenti studi metanalitici ne confermino l’efficacia sui parametri seminali e sul tasso di gravidanza.

Finora non esistono studi che dimostrino differenze di efficacia fra le tre differenti tipologie di FSH disponibili.

Lo studio è stato coordinato dal professor Giovanni Luca, Direttore del “Centro Biotecnologico Internazionale di Ricerca Traslazionale ad Indirizzo Endocrino, Metabolico ed Embrio-riproduttivo” dell’Università degli Studi di Perugia e dai colleghi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Domenico Milardi e Giuseppe Grande, afferenti Gruppo del Prof. Alfredo Pontecorvi, Professore Ordinario di Endocrinologia della stessa Università.

La ricerca, che si è avvalsa della collaborazione del Gruppo del professor Rafael Oliva dell’Università di Barcellona, presso il cui Laboratorio di Genetica tramite complesse metodiche di coltura cellulare e di biologia molecolare e proteomica, ha permesso di dimostrare che le differenti preparazioni di FSH posseggono differenti caratteristiche e pertanto non possono essere considerati equivalenti.

“Si tratta di risultati pre-clinici molto promettenti – dichiara il Prof. Riccardo Calafiore, co-Autore del lavoro e Direttore della Struttura Complessa di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, dell’Università degli Studi di Perugia, – in quanto aprono interessanti scenari per il potenziale impiego di un trattamento ‘personalizzato’, con le varie formulazioni di FSH in relazione ai target clinico-terapeutici nei pazienti affetti da infertilità”.

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