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Il Maestro Pupi Avati al Morlacchi, non solo uomo di cinema, ma filosofo, amante dell’Umbria, grande affabulatore

I ricordi di una vita e il suo rapporto con l'Umbria dove vive. Il saluto del cardinale Bassetti: ha sempre fatto convivere spettacolo e spiritualità

Avati al Morlacchi, non solo uomo di cinema, ma filosofo, amante dell’Umbria, grande affabulatore. La IV edizione di Castiglione Cinema – Rdc Incontra, il Festival promosso dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, prende l’abbrivio dal Teatro Morlacchi. Il novantesimo anniversario della Rivista del Cinematografo viene dunque celebrato fra i travertini della Vetusta con un evento che era sold out appena annunciato. Duettando col critico Federico Pontiggia, Avati dà il meglio di sé. Squadernando il proprio pensiero sulla vita, che è cinema come lo è l’avventura esistenziale di ciascuno.

Avati parla dell’infanzia, così simile alla vecchiaia, per la sua ansia d’eternità. Come è eterno il legame fra Nino e Caterina (53 anni di matrimonio), protagonisti del libro di Giuseppe Sgarbi da cui Avati ha tratto “Lei mi parla ancora”, capolavoro che vede al centro della scena un inusuale Renato Pozzetto, interprete intenso e convincente. Al proposito, Avati riferisce che il ruolo era stato assegnato a un altro reduce della “panettonate” come Massimo Boldi, che ha poi scelto l’inutile “Vacanze su Marte”. Così il ruolo è caduto su Pozzetto, in lite da anni con Pupi, convinto ad accettare dal fratello Antonio Avati, produttore.

Un film, questo su Sgarbi, penalizzato dalla pandemia e che – dice Pontiggia – parla d’immortalità in un momento di fragilità e insicurezza come l’attuale. Una spigolatura personale di Avati che trova analogie fra il personaggio del film e se stesso (“Vedo il senso di quello che faccio attraverso lo sguardo di mia moglie”). Ma c’è spazio anche per l’umorismo, come quando il regista racconta le proprie esperienze jazzistiche, con Lucio Dalla secondo clarinetto, sempre squattrinato e all’eterna ricerca delle 50 lire per la cena. Ma “Sapeva pensare in grande ed ha scritto una pagina immortale di musica e di poesia”.

Poi parla dell’Umbria, della conservazione del paesaggio, dei feroci campanilismi, di Todi, di una regione ideale per collocarvi le sue fantasie sul medioevo o sul jazz, sull’amicizia e sul cioccolato, sul mestiere di cacciatore sopravvissuto all’omologazione culturale. Dopo la proiezione, l’intervento di Bassetti che loda Avati per “aver valorizzato la nostra regione” e per aver sempre fatto convivere spettacolo e spiritualità.

Infine un cenno su Dante, prossima impresa del prolifico regista. A proposito: oggi comincia, proprio a Perugia, il casting per la prossima produzione. Occhio, perugini! Potreste essere la prossima scoperta attoriale del grande bolognese, amante del clarinetto e della… decima Musa!

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