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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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VISTI PER VOI Una grande Milena Vukotic riempie il Mengoni e commuove con la sua Daisy

Un pienone così s’era visto solo con Argentero. Cartellone esemplare

Una grande Milena Vukotic riempie il Mengoni e commuove con la sua Daisy. Un pienone così s’era visto solo con Argentero, che, per accontentare il pubblico, fu costretto a fare la doppia domenicale. Gongola il direttore artistico Gian Franco Zampetti nel vedere il suo teatro in fermento con la fila al botteghino. Un cartellone esemplare.

In scena una eccellente riduzione del capolavoro di Alfred Uhry, esemplarmente adattato da Mario Scaletta e affidato alla sapiente regia di Guglielmo Ferro. Uno spettacolo che gira, con felici intuizioni musicali e una scenografia semplice (complimenti a Fabiana Di Marco), ma di sicura efficacia.

In poco più di un’ora si dipana una vicenda che incrocia storia e sentimenti, costume e antropologia.

Il plot si sgomitola nella città di Atlanta (Usa), nel secondo dopoguerra. Miss Daisy Werthan, una distinta signora ebrea di settantadue anni, ex maestra elementare e vedova, vive da sola nella sua bella casa, dove è assistita dalla domestica Idella. Un incidente d’auto in cui è coinvolta la donna, inesperta guidatrice, convince il figlio ad assumere un autista, che lei non vuole. E di cui tenta in tutti i modi di liberarsi.

Hoke Colburn, sessantenne di colore, autista delle consegne del latte, analfabeta ma disponibile e paziente, entra dunque in quella casa con funzioni di tuttofare, mal sopportato da Daisy.

Col passare degli anni, miss Daisy si fa più amichevole e comprende che, dopo la morte improvvisa della domestica Idella, deve completamente affidarsi a Hoke.

Ammalatasi di demenza senile, miss Daisy viene ricoverata in un istituto, convinta di essere ancora a scuola a insegnare ai suoi bambini. Il figlio va a salutarla saltuariamente. Daisy scopre che il suo unico, vero amico è proprio Hoke. Che, sebbene anziano, si reca ogni tanto a confortarla.

“A spasso con Daisy” è uno di quegli spettacoli che lasciano il segno. E non fanno rimpiangere la trasposizione cinematografica che fece man bassa di premi, fra i quali ben quattro Oscar nel 1990.

Ottime le interpretazioni della Vukotic, di Maximilian Nisi e Salvatore Marino che ricordiamo come autore e osservatore dotato di pungente ironia. Lode anche ai tecnici di consolle i quali hanno operato con straordinaria competenza, assecondando con fluidità i numerosi step che punteggiano lo spettacolo.

Grande soddisfazione tra il pubblico che ha sorriso e si è commosso. Occhi lucidi (un paio erano i nostri) per questa, mesta ma realistica, riflessione sulla condizione esistenziale e i suoi snodi dolorosi, individuali e universali.

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