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"Scherza coi fanti… e lascia sta i santi", il detto spiegato dall'Inviato Cittadino

Lo scopo è quello di indagare sui detti dell’antropologia perugina, che tanta parte hanno avuto nella formazione delle classi subalterne, ma anche nella cultura e nei detti delle classi borghesi

Inauguriamo una rubrichetta perugina dal titolo “… e lascia sta i santi”. Con l’aiuto dei disegni di Marco Vergoni, riprendendo quanto edito (ma anche inedito) nel mio breviario laico perugino dallo stesso titolo (Aguaplano Editore).

La frase completa recita “scherza coi fanti… e lascia sta i santi”. Il riferimento inequivocabile lascia intendere che la materia sacra è di per sé intoccabile e in proposito non è lecito scherzare.

Ma l’intento dell’Inviato Cittadino non è affatto quello di ironizzare sulla santità (per quel che vale, aggiungo di ritenermi credente e praticante).

Lo scopo è, piuttosto, quello di indagare sui detti dell’antropologia perugina, che tanta parte hanno avuto nella formazione delle classi subalterne, ma anche nella cultura e nei detti delle classi borghesi. Il dialetto è infatti patrimonio comune trasversale alle condizioni socio-economiche-culturali. Un tempo lo parlavano tutti, nobili e ignobili, ricchi e miserabili, avvicinati dal comune valore identitario (quello che in lingua germanica si definisce “Heimat”, ossia “piccola patria”).

Cominciamo con lo spiegare il termine FANTI all’inizio del detto.

Come si può intuire, non si tratta di militari appiedati, ma il senso è quello di “persone umane”. Da dove l’origine del termine? Il percorso semantico (ossia la matrice e il significato) è quello legato al verbo deponente latino FOR, FARIS che sta per “parlare”. Come generalmente accade, la forma italiana deriva dall’accusativo del participio presente, che fa appunto FANTEM. Ecco da dove discende FANTI.

Ed è così chiaro il senso del detto: “Scherza con le cose umane e lascia stare il sacro”.

Intanto anticipo che, per cominciare, proporrò un divertente pacchetto di SANTI INVENTATI, ampiamente entrati nel linguaggio e nei detti popolari dell’idiotismo perugino. Il primo santo inesistente che tratteremo – accompagnando l’esposizione col disegno di Marco – sarà il famoso SANT’ALÒ (“che prima morse e pu s amalò”).

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