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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Trittico: cultura, scuola, ricerca

Primo tempo. Questa frase mi fa tremare. La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza. Fa tremare le vene ai polsi. Perché è il rivolgimento d’ogni giustizia, di ognuna delle libertà (di culto, di parola, di opinione, di sesso…) di cui si compone la parola libertà, parola vuota senza quelle forme e quei contenuti. È la esaltazione della guerra quale igiene del mondo, una delle idee centrali dello stupidario futurista. È il culto della forza che non ha bisogno di poesia e di cultura, né di arte, il dominio della forza bruta palestrata e tatuata, che mi fa disprezzare – i miei nipoti cresciuti a libri ma pure a pane e a Guerre dei Mondi s’inalbereranno: ma che cosa dici nonno - il leitmotiv «che la forza sia con voi». 

Come tutti i grandi pensatori George Orwell aveva ragione. Il suo “1984” è profetico e insieme attualissimo. Se una nazione, la madre dell’Occidente, la Grecia, che ha sofferto il bieco e turpe governo dei Colonnelli fascisti, ha per dir così dovuto adire le vie legali per mettere al bando i nazisti di Alba dorata, se Liliana Segre è stata insultata e minacciata, se il tiranno della Bielorussia incarcera popolo e giornalisti… se… se… Il populismo incombe, sia russo o, con Trump, americano, ecco perché due missioni competono con urgenza drammatica il nostro paese: la scuola di ogni odine e grado e la salute; investendo qui, sul serio, senza collusioni corruzioni ritardi… si avrebbe un grande incremento di occupazione, surrogante perdite in altri settori. Quindi insegnanti pagati con decenza, potenziamento della ricerca, dunque l’industria sanitaria spinta da brevetti e macchinari, più medici e infermieri e infermiere e così via elencando. Elementare Watson!.

Secondo tempo. Io mi farò cremare. Scusate la brutalità. So che ahimè non si può parlare di morte o di tombe o di funerali senza che si tocchi ferro o parti intime. Passerò da menagramo, o da spirito macabro, ma mi preme segnalare un problema non meno grave che so della raccolta differenziata o delle badanti. Io non voglio diventare una mummia che fra vent’anni mi si dovrà disossare o comunque bruciare, la fiamma è bella diceva il Vate D’Annunzio. Il fuoco purifica, cenere sono e cenere tornerò. Non sarò nutrimento dei vermi, e occuperò un minuscolo spazio, utile per la penuria di loculi che affligge i cimiteri. Vabbè, scrivere sulla morte e sui suoi annessi e connessi non sarà elegante ma occorre sfatarla, sbeffeggiarla, non considerarla come un tabù, e gestirla non nascondendola, magari con gesti apotropaici. 

Non serve. Da che mondo è mondo la morte sta lì, a guatarti. Pulvis all’ombra de’ cipressi e dentro l’ urne. Polvere voglio essere dentro un’urna nel camposanto di Bevagna. Cinera Pontium. Ah ah! Terzo tempo. La mascherina mi fa sembrare. Un clown, un homo [qualcuno dirà: anche senza benda] ridiculus? So che respiro a fatica, gli occhiali di cui non posso fare a meno si appannano, è una sofferenza; così per milioni di cittadini, tranne per quel manipolo di coatti contagiati dalla stupidità che è per loro l’ ultima a morire. E, diciamolo, puoi rilassarti pensando giocoso: non ti conosco mascherina, tanto una maschera ci dice più che una faccia. Ma ci sono gli occhi!

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