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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | La memoria è un clown... un po' buffa, un po' drammatica


Quant’è buffa la memoria. Te ne stai in panciolle senza pensare a niente – o così ti sembra – e come un lampo in una notte buia e tempestosa (la filosofia di Snoopy) ti sovvien non l’eterno ma una favola, ascoltata e vista in un film contorto e tenebroso di quel genio di Orson Welles. La racconta come mister Arkadin mentre la barba posticcia gli si muove sulle guance ma la rende indimenticabile. Che istrione sommo. Che gigione unico. Una rana se ne sta beata sulla riva di un fiumiciattolo e le si avvicina quatto quatto uno scorpione. La rana nonostante la paura non si scompone e gli fa: «Ah Sco’ che ti serve?» Lo scorpione: «Senti, devo a tutti costi andare di là, ne va della mia cvita, me lo daresti un passaggio?» La rana: «Fossi matta… Tu pungi e uccidi… tutti lo sanno.»

Lo scorpione: «Sarei matto io, e ché mentre ti sto in groppa ti buco e così ci affoghiamo tutti e due?» La rana convinta accetta, prende sulla schiena lo scorpione e comincia a nuotare. Quando è a metà del guado sente una fitta che la paralizza. Riesce a mormorare: «…ma avevi promesso…» Lo scorpione: «Scusa, ma è la mia natura…» Le favole hanno tutte una morale, questa di Orson non ne ha nel film “Rapporto confidenziale”, ma se volessimo aggiungerla noi, il cronista e i suoi 25 lettori, potrebbe essere questa: mai fidarsi; oppure che il male è connaturato dentro il cuore come un tatuaggio incancellabile; che gli scorpioni sono in mezzo noi: che scorpioni siamo noi stessi. O ancora che la stagione delle illusioni candide e perdutamente consolanti è finita per sempre, ingoiata negli abissi del cuore globalizzato e bombardato da nugoli di false notizie e così non vede per usare una metafora logora la luce in fondo al tunnel. Beh sì, ecco perché la memoria è bizzarra assai, perché protegge e lenisce e nessuno mai la ringrazia, la considera un fastidio in specie se pesca rimpianti e rimorsi. 

Si dice, secondo me a ragione, che noi Italiani l’abbiamo corta, campioni di giustificazioni funamboliche, secondo il nostro inappuntabile trasformismo usato sovente con il cambio di casacca in corsa, con l’arrogante e bieco acquisto di voti e un senatore della Repubblica lo confessa per ottenere quello scandalo italico che sono i pingui vitalizi, salvando - è capitato - addirittura governi e governicchi. È la natura, bellezza! Peggio per te se ti sei fidato o fidata di promesse pompose e vacue, di tagli demagogici di parlamentari come panacea, come unguento taumaturgico. Che tutto cambi perché tutto rimanga come prima. E, altro miracolo di sua maestà la memoria - nel mito Mnemosìne, figlia di Urano (il cielo) e di Gea (la terra) e madre delle Muse – sopraggiunge un altro frammento, sempre con il © di Orson (“Il terzo uomo”), turpe trafficante di penicillina in vena di autoassoluzione in una Vienna spettrale 1946 : «In Italia sotto i Borgia c’erano guerre, terrore, omicidi e stragi ma hanno avuto Michelangelo e il Rinascimento. 

La Svizzera in settecento anni di amore fraterno, democrazia e pace sono riusciti a inventare l’orologio a cucù.» Beh, forse non può essere questa la morale eticamente corretta di quanto ha scritto il vostro cantastorie, ma certo è che se il male non può fabbricare il bene, alle volte può creare la bellezza.

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