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SCHEGGE di Antonio Carlo Ponti | Ahi serva Italia!


A volte dai dilettanti c’è da aspettarsi meglio che dagli esperti. Vi dirò a tal proposito che, andato in pensione da professore ordinario di industrie agrarie, Claudio Peri, da buon tudertino, si è messo a leggere le “Laude“ di Iacopone da Todi, (così vollero chiamare opera e autore Franco Mancini e Luigi M. Reale) e ne fu stregato, da non dormirci la notte. Sono mesi che Claudio “tormenta” amici e nemici con “traduzioni” e commenti sul tormentato e perseguitato fenomenale poeta, apprestando anche convegni e libri: tutta un’opera talmente intelligente, utile e appassionata da meritare con facilità la “perdonanza”, compresa la mia di devoto ricettore. Il tono di questa “scheggia” è amabile, ma la sostanza, come si vedrà, è seria. 

Il 20 scorso nella mia casella di posta elettronica appare l’ennesima “pillola” (in verità la centesima in due anni). Quando, si domanda Claudio, Dante nel Canto VI (vv. 76-78) del “Purgatorio” scrive la terzina: «Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, /non donna di province, ma bordello!» non sa tanto di Iacopone alla Lauda XXXIII, dove dice che l’amore spogliato dalla virtù è “nave senza nocchiero“ che “rompe en tempestanza”? O forse è una coincidenza? L’ interrogativo non è soltanto filologico-letterario, per intenderci una delle solite querelle erudite che non di rado se bene infiocchettate mandano in cattedra negli Studia studiosi mediocri. Claudio è un dilettante – ve ne fossero di così armati – che sa leggere Iacopone e Dante Nostro. Con Francesco d’Assisi una delle albe della letteratura d’Europa. Un inciso, ma che suono sublime parole come tempestanza, nocchiere, dolzore, iubel, piatanza, cattivanza… e torno al tema. Ho scritto con sicumera dell’attualità delle domande che si pone il professor Peri. Prima di tutto l’Italia del Trecento era un bordello così come l’Italia del 2020 è un casino.

Ma sì, è un’iperbole, e volgare, forse ingiusta, ma sussistono tetragone e immarcescibili magagne nella vita del cittadino inerme, che se non è suddito come in Bielorussia, non è interamente, eticamente libero, se in alcune plaghe (o meglio piaghe) d’Italia l’evasione scolastica è abissale, se manchiamo di laureati e di medici e ingegneri, se i docenti sono pagati quasi da fame, se litighiamo su Mes sì Mes no, tagliamo qui e tagliamo là senza riflettere, se dilaga il populismo becero e il fascismo strisciante, il razzismo e l’omotransfobia, le disuguaglianze più offensive, e l’odio diffuso e l’intolleranza e la sindrome dell’immigrazione, e la mala educazione… e ogni tre giorni una donna viene barbaramente uccisa dal compagno: oh come l’amava..

È un paese civile la Penisola che come un immane pontile si affaccia sul Mediterraneo? Il paese dove fioriscono i limoni? La patria di Michelangelo e di Galileo? Negarlo sarebbe blasfemia, ma il bordello resta, i guelfi e i ghibellini continuano a suonarsele pur se più a parole che a sberle, la retorica trionfa, le chiacchere prevalgono sul distintivo, la virtù viene a mancare e provoca il congelamento dell’amore, divenuto nave senza timone. Ci soccorre la forza dell’utopia, il vigore dell’immaginazione, l’eroismo quotidiano, il gramsciano ottimismo della volontà e pessimismo dell’intelligenza. Di Dante ricorrerà nel 2021 il settecentesimo della morte e di Iacopone si scevera tuttora incessantemente fra storia e mito. Ma, per citare ‘L‘uomo che uccise Libery Valance”, anche qui in questa sublime e lutulenta Italia vale il detto - non soltanto per il poeta offeso e imprigionato: «se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda.»
 

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