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PERUGINERIE Oggi è Santa Lucia, ma non è 'il giorno più corto che ci sia'

La rima c’è, ma non la verità. Perché, come spesso accade, il detto popolare non la racconta giusta

Ma non è vero che il 13 dicembre (Santa Lucia) è il giorno più corto che ci sia (“l più curto che ce sia”). Insomma: la rima c’è, ma non la verità. Perché, come spesso accade, il detto popolare non la racconta giusta. Il proverbio cita, come campione di brevità delle ore di luce, il giorno della santa. La scienza attribuisce invece il primato al solstizio d’inverno che cade il 21 dicembre.

L’equivoco è legato alla circostanza che il 13 dicembre del 303/304 è, appunto, il “dies natalis” della Santa, ossia il giorno del martirio. E da lì è nata la confusione.

Peraltro, la sua celebrazione cade a ridosso del solstizio d’inverno ed è tipico dire che ‘la notte di santa Lucia è la più lunga che ci sia’, di certo in riferimento al nome Lux/Lùcia (femminile di Lucius), alla luce intesa come vista, luce nel buio, ma anche luce della fede. Contro il buio materiale del peccato o delle coscienze.

I Perugini amano la santa, tanto da averle dedicato il nome di un quartiere: quello dove vive il nostro assessore alla Cultura.

Nei Paesi nordici si celebra Lucia. Nelle campagne si preparava un tempo del fieno per l’asino che tirava il carretto: autentica forza motrice in epoca pre-motoristica.

A proposito della Santa, mi piace ricordare che la chiesa della Compagnia della Buona Morte, in piazza Piccinino, faceva parte in origine della parrocchia di Santa Lucia. Proprio oggi Alberto Grohmann vi tiene un’interessante conversazione.

Non fa di meno il Circolo Bonazzi di Franco Venanti che, per la festa della santa, riunisce i soci all’oratorio di San Giovannino, in corso Bersaglieri. Lì, alle 17:30, il segretario del Cardinale Bassetti, Amilcare Conti, vi racconterà la storia dell’oratorio. Oggi sede dell’Associazione Beata Colomba da Rieti.

E ancora: in via Baglioni, c’è una bella chiesa del Duecento, restaurata nel Settecento, dedicata alla santa. Al suo interno opere del Carattoli, di Francesco Appiani e di Carlo Spiridione Mariotti, cantore della vita perugina. La tela sull’altare, di Giulio Cesare Angeli, presenta Vergine, Bambino e santa Lucia con sant’Ivo, patrono di avvocati e magistrati.

Così come esistono, in quella che si chiamava Santa Lucia Sobborghi, una chiesa vecchia (al discesone) e una nuova (al piano, oltre il laghetto) di Santa Lucia, già detto Spagnoli. Si staccò dalla parrocchia di Sant’Andrea in Porta Santa Susanna nel 1920. Ha dunque superato il secolo di vita.

Essendo l’anno dantesco, ricordo che nella “Commedia” è la Vergine Maria a chiamare Santa Lucia perché si rechi da Beatrice a pregarla di tutelare il viaggio di Dante. E lo stesso poeta sarebbe stato assistito dalla protezione della santa per guarire da un male agli occhi.

L’agiografia narra che a Lucia furono cavati gli occhi durante il Martirio, ma il Signore glieli restituì immediatamente.

Un proverbio meteorologico recita “Per Santa Lucia la neve è pla via”, ossia nevica o… si prepara a farlo.

Tradizione vuole che Santa Lucia sia protettrice di oculisti, ottici, ciechi e ipovedenti. Perfino degli scalpellini. E la motivazione è riconducibile alla possibilità che frammenti di pietra potessero finire negli occhi. Quanto alla protezione degli elettricisti, non vedo il nesso.

La tradizione perugina riferisce che a proteggere la vista valga anche la preghiera alla Vergine davanti alla Cappella del Santo Anello in cattedrale.

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