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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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San Valentino, l’uso liturgico, sociale ed economico del patronus amoris ternano

Sollecitazioni a séguito del saggio di Roberto Segatori

San Valentino: l’uso liturgico sociale ed economico del patronus amoris ternano. Sollecitazioni a séguito del saggio di Roberto Segatori: “L’uso sociale di San Valentino: dal profano al sacro e ritorno”. Una lettura di carattere sociologico, non agiografico, ma di sicuro interesse.

Quando la religione diventa “anche” business, grazie a una secolarizzazione che persiste come fenomeno antropologico e culturale.

Valentino è santo già importante in tarda epoca romana, quando viene consacrato vescovo di Terni da Feliciano, vescovo (e protettore) di Foligno. In quanto oggetto di martirio, Valentino diviene simbolo intorno al quale si radica la comunità di Interamna, antico nome di Terni.

Così l’amor christianus diviene protettore dell’amore tra uomo e donna, col santo in veste di “specialista” in interventi di riconciliazione.

Ma veniamo all’oggi e al recupero del santo “in relazione agli interventi di riqualificazione della basilica a lui dedicata”.

Fino alla “piazza delle piazze”, costituita da internet.

Dice Segatori: “Solo su Facebook il nome San Valentino registra quasi 3500 ricorrenze, ad esempio in Italia, con gruppi di oltre 6000 iscritti, anche per opposizione, come nel gruppo “Noi odiamo San Valentino” (oltre 3000 iscritti)”.

Se andiamo su Google i risultati superano gli 8 milioni.

Senza contare i brand di Nestlè, Ferrero, e perfino della ditta giapponese Mary’s Chocolate Company, che sfruttano il nome del santo. Lo stesso avviene per aziende floreali e articoli da regalo.

Il che significa, semplicemente, che la società dei consumi si avvale delle figure di riferimento, perfino del sacro, perché “business is business”. O, come dicevano gli antichi, “pecunia non olet”.

Per attualizzare: i soldi non puzzano d’incenso, anche se provengono dallo sfruttamento della figura di un santo.

Insomma, come scrivono Bauman e Lardellier, ricordati dall’amico Roberto Segatori: “la logica sentimentale tende ad assumere una sempre più evidente configurazione consumistica”. Cioè: con la scusa di onorarlo, la società finisce con l’appropriarsene, desacralizza e monetizza. La figura del santo viene evidentemente laicizzata e rifunzionalizzata ad altri fini.

E perché – secondo Segatori – la figura di San Valentino è, ancor oggi, più forte che mai?

La Chiesa cattolica ne rinforza la forma devozionale. E poi c’è l’azione di marketing che punta sull’equazione emozione=amore=prodotto commerciale.

Ultima leva: il tris emozioni/amore/buoni sentimenti “circola abbondantemente a livello di massa nei periodi più bui della storia mondiale, alimentato dalle strategie commerciali”.

In questo quadro non c’è contrasto tra sacro e profano, ma “si evidenzia una convergenza oggettiva tra Chiesa e mercato, nella promozione di una figura cara ad entrambe le parti”.

Più Mulino Bianco che martire. Conclude Segatori, e noi con lui: “Valentino resta sempre un grande santo, ma sembra doversi rassegnare a una riproposizione più da Mulino Bianco che da testimone di Cristo, come auspica comprensibilmente la Chiesa”. Meglio non si potrebbe dire.

In ogni caso, “buon san Valentino a tutte e a tutti”. Tra fiori e cioccolatini, forse, può esserci posto per un bacio e… una preghiera. Se avanza tempo.

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