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Martedì, 23 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO San Pietro. Quegli affreschi (in odore di eresia) furono salvati nel Seicento con una scialbatura

E dopo la presentazione dell’affresco, ecco l’intervento sull’opera da parte della restauratrice Manuea Elisei

E dopo la presentazione dell’affresco, ecco l’intervento sull’opera da parte della restauratrice Manuea Elisei.

INVIATO CITTADINO Scoperte e sorprese di un magistrale restauro alle pitture murali di San Pietro

Affreschi salvati dalla distruzione nel Seicento. Questi affreschi furono coperti, e cosi salvati, all’epoca della costruzione del chiostro, intorno all’anno 1614, su progetto di Valentino Martelli. Che decise di infossare l’opera, in odor di eresia, senza distruggerla, ma coprendola con una scialbatura. Verranno poi riscoperti alla metà del XX secolo.

FOTO - San Pietro. Quegli affreschi (in odore di eresia) furono salvati nel Seicento con una scialbatura


(foto esclusive Sandro Allegrini)

La testimonianza del Bonfigli. Nel dipinto attribuito a Benedetto Bonfigli, “Traslazione del corpo di Sant’Ercolano dal luogo di prima sepoltura alla chiesa di S. Pietro”, della seconda metà XV secolo, si vedono dipinti un San Cristoforo ed altre figure (attualmente scomparse), nel luogo in cui oggi hanno sede gli affreschi oggetto di restauro.

Chi furono gli autori? Sostiene Manuela: “Gli affreschi della Trinità e dell’Annunciazione sono stati attribuiti, dal professor Pietro Scarpellini, al Maestro Ironico e datati intorno all’anno 1320.

Gli affreschi del san Giorgio e il drago, e forse quello dei santi Pietro e Paolo, sarebbero di un autore successivo (a mio avviso due autori distinti) ad oggi sconosciuto”.

Esposizione esterna e ragni, nemici della buona conservazione. Trattandosi di pittura murale posta all’esterno, la rappresentazione è esposta agli agenti atmosferici, quali gelo, vento e pioggia, alle escursioni termiche e alla luce del sole. Inoltre, gli intonaci sono di grande interesse per le colonie di ragni che hanno costruito le loro tane, scavando l’intonaco e contribuendo così al distacco dal muro.

Stato di conservazione e precedenti interventi. Si notano chiaramente vari interventi, non ad arte.

Racconta la restauratrice: “La pellicola pittorica risultava distaccata dall’intonaco un po’ ovunque e specialmente nel Christus Patiens, nei visi dei santi Pietro e Paolo, nel vestito dell’angelo annunciante e nella sella del cavallo.

Il San Giorgio invece si è scolorito nel tempo. Questo evento è ben visibile dal confronto tra le foto vecchie con la situazione attuale. Anche qui è evidente un restauro precedente al mio. Sono molte le stuccature eseguite correttamente in malta idonea”.

Peggio di tutti se la passava la Trinità. “Lo stato di conservazione, prima dell’attuale restauro, risultava pessimo. L’intonaco applicato direttamente sul muro in pietra liscissima e senza arriccio si è distaccato ed è crollato in varie parti. Inoltre l’attacco dei ragni che hanno scavato l’intonaco per farci le tane ha contribuito notevolmente a questo degrado. Nella parte bassa, più esposta alle intemperie, l’intonaco risultava non più coeso e senza più un legante…”.

Restauro, tecniche e passaggi. “La prima operazione è stata quella del fissaggio dell’intonaco dipinto, che risultava particolarmente danneggiato e distaccato dal supporto murario quasi ovunque. Anche la decoesione dell’intonaco (parte bassa a destra della Trinità) è stata risarcita con la stessa emulsione acrilica, diluita in acqua. Ho poi eseguito dei test di pulitura per individuare una metodologia di intervento”.

Poi la reintegrazione delle lacune. “Con la reintegrazione delle numerose lacune del testo pittorico ho dato inizio alla parte più delicata dell’intervento: la presentazione estetica. Grazie ad essa è possibile restituire una lettura unitaria ed omogenea di un opera d’arte alterata, che viene così riconsegnata alla fruizione di larghe fasce di pubblico”.

Utilizzo di colori ad acquarello. “Per questa delicata operazione ho utilizzato esclusivamente colori all’acquarello, in modo da garantire una completa reversibilità dell’intervento. Le mancanze e le abrasioni della pellicola pittorica sono state trattate, cosi come le stuccature, con la velatura dell’intonaco. Trattandosi di una pittura posta all’ esterno, ho ritenuto necessario applicare una protezione finale”.

Considerazioni finali. “Mi preme sottolineare che una manutenzione costante dell’opera (di tutte le opere d’arte) deve essere messa in conto fin da ora, considerando che ogni restauro, anche il più efficace e corretto, costituisce comunque un trauma che può/deve essere evitato, programmando interventi opportuni e a cadenza temporale ben calibrata, atti a scongiurare i danni dell’ inevitabile processo di degrado”.

La necessità di un restauro ‘preventivo’. “Tanto più ciò è necessario per un opera che si trova all’esterno ed è dunque necessariamente soggetta alle aggressioni degli agenti atmosferici e delle attività umane. Si può correttamente parlare di manutenzione, ad una sorta di “restauro preventivo”, concetto già elaborato da Cesare Brandi, che lo definisce più ‘necessario di quello di estrema urgenza’”.

Da parte nostra, un plauso sincero a una professionista di rango. Che ha operato col supporto di una fase preliminare di studio e approfondimento. Perché, prima di mettere mano a interventi di questo tipo, occorre farsi un bagno di umiltà. E accumulare conoscenze indispensabili all’operatività.

Una modesta proposta. Pubblicare, pubblicare, pubblicare. L’appello che lancio al Presidente della Fondazione, Antonio Bartolini, è quello di fare un investimento per la pubblicazione di questi preziosi materiali (di studio e iconografici) responsabilmente messi insieme da Manuela Elisei. Lo dobbiamo alla cultura e alle generazioni che verranno. Siano studiosi o semplicemente persone amanti dell’arte e della cultura. Che non può esistere, se non in continuità [il prossimo servizio sui graffiti che punteggiano le pitture…non solo vandalismo].

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