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Ricordando Tullio Seppilli, a Umbria Libri, con l'Aula Magna di Agraria colma all'inverosimile

Ricordando Tullio Seppilli, maestro di vita, di politica, di umanità. “Antropologo comunista” lo definisce il titolo del film intervista di Gabriele Anastasio, proiettato all’Aula Magna di San Pietro, colma all’inverosimile. Introduce l’evento Pier Giorgio Giacchè (“per dare/dire un contributo”) che, con gli altri colleghi, ne fu allievo entusiasta. Lo ricorderanno con lui, dopo la proiezione, Giancarlo Baronti, Paolo Bartoli, Paola Falteri, Cristina Papa, cervelli di lusso, usciti dalla factory di Tullio,chiamata “etnologia”.

“La lezione di Tullio si dipana dalla sua prima lezione. In quelle dispense universitarie – dice Piero – un tesoro inestimabile di lucida analisi, definizioni scolpite con chiarezza di linguaggio, un patrimonio per la vita”.  L’inviato Cittadino, che pure condivise quel discepolato, a Palazzo Manzoni, non può che confermare. Ed è facile per Giacchè, capitiniano persuaso, ricordare la “compresenza” di Tullio, proprio nel giorno della ricorrenza della storica Marcia Tullio – in quell’intervista – spiega perché fu per lui inevitabile essere antropologo e comunista: lo richiesero con forza la sua appartenenza a famiglia ebraica, emigrata in Brasile per evitare le leggi razziali fasciste del 1938, oltre a un innato senso sempre la sua “diversità”.

Fu lui a farci comprendere il nesso inscindibile, sostenuto nello storico convegno perugino, fra marxismo e antropologia, fra fisiologia e psicologia. Tullio seppe creare – prima del Sessantotto – un’isola scientifica che indagava il rapporto fra cultura e politica. E il Sessantotto ci trovò già pronti a rimettere in discussione pseudo valori spacciati per verità.

“Fu ‘insegnante’ nel senso più pregnante e nobile del termine”, ricorda Piero. Il documentario è perfino divertente, con Seppilli che racconta di disastrose cadute da cavallo, della tesi di laurea sulla misurazione di microcefali, dei rapporti col mitico antropologo Ernesto De Martino, del fatto che, con l’età, è passato dal timore alla consapevolezza della morte, grazie anche a un ininterrotto dialogo con una gatta, sua “gemella”.

Ma prima di partire (per dove?), Tullio aveva preso, con se stesso, qualche impegno: finire quei due articoli, cominciati cinque anni fa, pubblicare (forse) quella raccolta di scongiuri, acquisiti a San Pellegrino, sopra Norcia, da una vecchia contadina che poteva rivelarli solo la notte di Natale. Questo Natale, Tullio non lo celebrerà con noi. Ma se n’è andato con signorilità, come sapeva fare lui, uomo d’ascolto e di parola.
 

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