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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Quelle Grandi Madri di Orfei, bisognose di restauro e prive della necessaria indicazione dei donatori

Quelle “Grandi Madri” di Orfei, davanti al PalaEvangelisti al Pian di Massiano, non sono piovute dal cielo ma c’è stato un mecenate che le ha donate al Comune di Perugia

Quelle “Grandi Madri” di Orfei, davanti al PalaEvangelisti al Pian di Massiano, non sono piovute dal cielo ma c’è stato un mecenate che le ha donate al Comune di Perugia. Per l’esattezza: la famiglia Nicoletti. L’opera faceva parte del grande progetto “Umanità 3000” che il genio di Orfei propose in diverse realizzazioni. I perugini le ricorderanno esposte per anni, lungo la 75 Bis del Trasimeno, a fianco del distributore tra Ferro di Cavallo e Olmo. 

Perugia, le Grandi Madri di Orfei chiedono aiuto

Ma parliamone con un membro della famiglia, Marco Nicoletti, apprezzato intellettuale e scrittore.

Che racconta retroscena inediti: “Era il 1969, quando mio padre Giorgio offrì a Bruno Orfei, artista e amico (per il quale già mio nonno Giacchino aveva scritto lusinghiere recensioni sulla stampa nazionale), la possibilità di realizzare un gruppo statuario, da collocare ai limiti della proprietà di famiglia, lungo la ss. 75 del Trasimeno, poco oltre Ferro di Cavallo, come suggestiva e pubblica ‘explanatio’ del singolare genio artistico del Maestro perugino”.

Come andarono esattamente le cose al momento dell’affidamento della commissione?

“Mio padre, accordatosi con Bruno sulla tipologia del soggetto da rappresentarsi – come anche sulle caratteristiche tecniche e dimensionali dei manufatti – fece approntare nel giardino di casa un mini- cantiere per la realizzazione delle opere, mettendo a disposizione del Maestro sia la mano d’opera che i materiali necessari”.

Lei, credo, non fu estraneo a questa realizzazione, vero?

“Io stesso, già appassionato d’arte (benché solo quattordicenne), mi misi alle costole dell’artefice e mi proposi come assistente tuttofare. I lavori di realizzazione si svolsero nel seguente modo.

Vennero predisposti a terra dei cumuli di sabbia fluviale, sui quali Orfei iniziò a realizzare, separatamente, il rilievo dei cinque mastodonti. I modellati vennero poi, delicatamente, ricoperti di scagliola liquida; tale guscio venne quindi ispessito e rinforzato con diversi strati di scagliola, mista a trucioli di legno, che andarono a formare gli stampi veri e propri”.

Mi si dice che analogo procedimento venne seguito per la realizzazione di opere simili presenti al lungolago di Passignano. Poi cosa faceste?

“Una volta che le forme furono ben essiccate, le sollevammo dalla sabbia, le ripulimmo, e le collocammo a terra, rovesciate, pronte a ricevere l’armatura in ferro e il cemento che avrebbe sostanziato, in positivo, le opere. Le armature vennero realizzate da un fabbro che aveva la sua bottega nei pressi dell’attuale Ostello della Gioventù di Pian di Massiano, dove, al tempo, si trovava il Centro Tori della famiglia Spagnoli”.

E poi?

Compiute le armature, e sistemate nei rispettivi gusci, questi ultimi vennero riempiti con il calcestruzzo, impastato dai nostri collaboratori. Venne quindi conferita una colorazione bronzina con l’aggiunta di ossidi metallici. Dopo una settimana di “stagionatura”, le forme di scagliola vennero spaccate e apparvero le Grandi Madri in tutta la loro severa suggestione”.

Grazie per questo racconto di risvolti inediti. E per la collocazione?

Alcuni giorni più tardi, le stesse vennero collocate, in un piedistallo appositamente realizzato, nel luogo ove rimasero per venti anni”.

Poi cosa accadde?

“Nel 1988, in seguito all’alienazione di quella parte di proprietà ove i colossi insistevano, desiderando

garantire alle statue una legittima sopravvivenza, d’accordo con il Maestro Orfei, la mia famiglia le donò all’Amministrazione comunale di Perugia, la quale si risolse di sistemarle nell’attuale sede, di fronte al PalaEvangelisti”.

Tutto chiaro. Ma un’osservazione critica s’impone. Non avrebbe dovuto, il Comune di Perugia, all’atto della collocazione in situ di quelle cinque straordinarie opere, quanto meno apporre una targa coi ringraziamenti a favore della famiglia donatrice? Direi proprio di sì.

 E, approfittando del prossimo, inevitabile, intervento di restauro, mi pare che sarebbe opportuno rimediare a quella colpevole sciatteria.

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