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Coronavirus: gli effetti della quarantena sulla vita delle persone, parla lo psichiatra Bruno Chipi

La parola agli esperti: "“Per alcuni si presenterà una grande occasione per fare i conti con se stessi e avere quindi la possibilità di recuperare tutte quelle risorse residue per rilanciarsi"

Con Bruno Chipi, psichiatra e psicoterapeuta, parliamo degli effetti della quarantena sulla psiche delle persone.

Premessa. Sostiene Chipi: “Partiamo dal presupposto che corpo e psiche sono una realtà unica inscindibile e che ancora poco si può dire sugli effetti psichici della quarantena, non essendoci stata la possibilità di un confronto sulle osservazioni fatte ed elaborate da psicoterapeuti, psichiatri, psicologi, antropologi, sociologi. Quanto dirò è dunque solo il mio parere, ossia una somma di osservazioni e riflessioni personali relative ad una realtà molto complessa, e ancora in divenire, osservata da UN punto di vista”.

Quale, a tuo avviso, il comportamento dei perugini e degli umbri?

“Occorre sottolineare che la maggioranza della popolazione si è attenuta alle indicazioni date, con molti sacrifici, dimostrando un profondo senso di responsabilità civile e di avere a cuore la propria salute e quella della collettività. Purtroppo c’è una piccola minoranza, apparentemente inconsapevole dei danni che può produrre agli altri, che continua ad insistere in comportamenti sconsiderati, muovendosi da un punto all’altro della città come se nulla stesse accadendo. Tutti, ormai è certo, possiamo essere potenzialmente contagiati”.

Cosa accade fuori, per strada, nei negozi, nei giardini?

“Occorre uscire per approvvigionarsi di cibo. In queste poche occasioni, basta osservare ed ascoltare con un po’ di attenzione queste ‘minoranze’ comunque significative. Possiamo immediatamente riconoscerle: fremono impazienti durante l’attesa, si muovono velocemente, affaccendatissime, con un oggetto o due in mano.  Risulta che molti utilizzano questo stratagemma per muoversi più volte durante la giornata ritornando nello stesso negozio, o passando da un negozio all’altro e senza nessun reale motivo. Ciò induce a qualche amara riflessione”.

Che mi dici, dunque, dell’italica astuzia… o piuttosto insipienza?

“Questo è uno dei punti. ‘Italiani brava gente’, e soprattutto creativi: oggi si scoprono attrazioni cinofile fatali e finora insospettabili, una passione incomprimibile per la lettura dei giornali. Ma è tutto un bluff”.

Hai rilevato fenomeni di ribellione ‘adolescenziale’?

“Anche fra gli adulti, c’è gente in vena di trasgressione. Sembra che moltissimi abbiano recuperato il gusto adolescenziale di entrare in conflitto con l’autorità, ovviamente simbolica e rappresentata da chi in questo momento è delegato a proporre/imporre normative per il bene collettivo. Imposizioni giuste? Sbagliate? Adeguate? Inadeguate?”…

Insomma, ribellione contro i “normatori”?

“Il normatore per antonomasia è il genitore, prima reale, poi come istanza psichica interiorizzata, con il quale ognuno di noi si confronta, anche da adulto, sia a livello personale che sociale. E poco importa che il ‘sacrificio’ sia richiesto per il bene comune, della polis: prevale l’“Io” egoistico e dissennato. Uno schiaffo all’etica, alla morale sociale, alla dignità della persona umana”.

Hai rilevato quella che voi psichiatri definite “onnipotenza narcisistica”?

“In questa trasgressione c’è un’altra connotazione: quella che deriva da una dimensione inconscia, caratterizzata da onnipotenza e da strafottenza narcisistica. Per essere ancora più chiaro, c’è chi sente dentro di sé queste convinzioni: niente può intaccare la mia perfezione e la mia integrità fisica, io posso tutto e sicuramente a me il virus non mi tocca perché io sono sufficiente a me stesso, indipendentemente dal mondo che mi circonda, che è al mio servizio e non capisco perché dovrei sacrificarmi per il bene di altri”.

E dentro, tra le mura di casa? È possibile scoprire se stessi?

“L’obbligo all’isolamento ha costretto tutti a fare i conti con la sospensione di tutte le attività abituali. Un obbligo, una imposizione, non una scelta. Siamo stati costretti a mettere tra parentesi molti di quegli affaccendamenti che spesso, senza rendercene conto, utilizziamo per tenere alla larga angosce che emergerebbero dal contatto con ciò che   intimamente, tra le tante cose, ci appartiene, ma che spesso facciamo di tutto per negare, quella che alcuni studiosi indicano come “struttura nuda“, ciò che saremmo senza sovrastrutture: fragili, precari, incerti. Ma questa volta l’incontro, o almeno l’avvicinamento a questa nostra intima realtà, sarà inevitabile”.

In casa, che si fa: otium o negotium? Pratichiamo entrambi o scegliamo fra le due alternative?

“Attualmente, moltissimi stanno inventando varie attività ‘interne’ alla propria abitazione: pulire, mettere in ordine, eliminare il superfluo, cucinare, leggere, fare attività fisica, ascoltare musica… Quindi ognuno sembra ritagliarsi occasioni per recuperare qualcosa che da tempo aveva lasciato da parte.  Alcuni, ho saputo con sollievo, riescono a concedersi momenti di piacevole ozio”.

Ma queste attività quanto dureranno, prima di stancarci? Esiste un limite di saturazione?

“Presto andranno ad esaurirsi. Inoltre queste attività, per molte persone, comportano un dispendio enorme di energia, proprio perché espedienti sostitutivi, come gli affaccendamenti precedenti alla “sospensione” imposta, per tenere a distanza questa “nudità”, cioè quella dimensione autentica che – senza sovrastrutture difensive – potrebbe emergere sfacciatamente procurando molta angoscia”.

E a quel punto?

“Per alcuni, le persone con una struttura più ‘sana’, si presenterà una grande occasione per fare i conti (non solo economici!) con se stessi e avere quindi la possibilità di recuperare tutte quelle risorse residue per rilanciarsi, anche con molta più energia di prima, alla ricerca di un’autenticità, almeno in parte precedentemente persa dietro al fare accelerato e nevrotico, caratteristico di questa società post moderna”.

Che mi dici delle persone più deboli e meno determinate?

“Per molti tra i più fragili, si potrebbe ipotizzare un aumento del disorientamento, della percezione di precarietà, dell’incertezza, dell’ansia più o meno seria, dell’apatia fino alla depressione”.

Insomma, conseguenze penose?

“Livelli di maggiore gravità speriamo di no, ma occorrerà non trascurare la crescente diffidenza, la sospettosità e neppure la rabbia e l’aggressività che, a vari livelli, potrebbero liberarsi (anche verso categorie oggi definite “eroiche”…) e che in parte, per quel poco che ho potuto notare, in questo periodo di contenimento forzato, già stanno emergendo”.

Quale il tuo auspicio di professionista e di uomo?

“Speriamo che prevalgano quei filamenti di solidarietà che si erano intravisti, soprattutto all’inizio della pandemia con manifestazioni (balconi, finestre animate da musica…)  sicuramente primordiali, ma molto accomunanti e liberatorie”.

Da questa terribile esperienza non potrà venire del bene? Si profila all’orizzonte un homo novus?

“Sono convinto che sarà indispensabile l’impegno, a tutti i livelli, per valorizzare l’importanza della collaborazione, e della condivisione corresponsabile, per strutturare un nuovo modo di stare e di essere nel mondo. Altrimenti, questa esperienza lascerà ferite drammatiche e difficili da rimarginare”.

Quali rischi intravedi? Controllo delle persone, condizionamenti, nascita o rafforzamento di poteri occulti… un Orwell dietro l’angolo?

“Occorrerà stare con gli occhi aperti. Uno dei possibili rischi è quello che la drammaticità di questo periodo, con le conseguenti comprensibili e umanissime preoccupazioni e paure, non siano sapientemente utilizzate per eleganti e cinici esercizi di potere e di controllo sociale. Ma questa è un’altra storia!”.

Intravedi altri problemi?

“Certamente. Ad esempio, una diversa percezione dello spazio, del tempo, la fatica per un nuovo adattamento”.

Credo che dovremo tornare in argomento. Grazie, anche a nome di nostri lettori.

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