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PERUGINERIE Quando via Fani era Via della Chiavica

Spunto offerto dal video di Michele Patucca sulle partecipatissime esequie di Cesare Fani. Quelle immagini, virate al colore, raccontano i funerali (10 febbraio 1914) dell’onorevole

Spunto offerto dal video di Michele Patucca sulle partecipatissime esequie di Cesare Fani. Quelle immagini, virate al colore, raccontano i funerali (10 febbraio 1914) dell’onorevole. Alla stazione di Fontivegge (ricorda Uguccione Ranieri di Sorbello) confluirono le carrozze del Comune, suonarono ben tre bande e si tennero discorsi commemorativi. Tutto questo evoca la memoria dell’intestazione della strada. Che, in precedenza, era letteralmente una chiavica.

Questa la storia dell’antica via che unisce la piazza del Sopramuro (oggi Matteotti) a corso Vannucci. I nomi, si sa, nel tempo tendono a cambiare. Ed è successo anche a via Fani. Oggi intestata alla memoria del noto giureconsulto e politico perugino (fu addirittura deputato e ministro) che contribuì a creare l’Istituto agrario di San Pietro ed operò nel collegio degli Orfani Sanitari. Benemerita istituzione perugina presso la quale sarebbe stato convittore addirittura Rudy Valentino (Rodolfo Guglielmi), prima di sfondare come attore in America. Per poi morire, a soli 31 anni, per una banale appendicite.

Il cosiddetto Rimbocco dei pollajoli. La strada urbana, in precedenza – fino al 1911, quando fu ampliata e ripulita – si era chiamata “rimbocco dei Pollajoli”. Rimbocco, com’è noto, significa vicolo o immissione di una stradina stretta e laterale (in questo caso quella dei pollaioli) in una più grande, come corso Vannucci.

La denominazione deriva dal fatto che vi si commerciava pollame, oltre che carni di manzo, maiale e castrato. Lo storico Raniero Gigliarelli, attingendo alle matricole (registri d’iscrizione) delle arti e mestieri, ricorda che nella strada dovevano esserci almeno due rivendite: una di lusso, per ogni genere di carni, e una macelleria più modesta, per il castrato e la pecora.

Il vicolo-quartiere “a luci rosse” di Malacucina. La viuzza era in contatto con un altro rimbocco, oggi scomparso. Parliamo di Malacucina, che la univa all’attuale via Mazzini. Luogo malfamato e deputato al meretricio, con regolare gabella del Comune. Un distretto “a luci rosse” proprio vicino al Comune, come racconto nel mio libro sulla prostituzione perugina.

Poi via del Mercato. La successiva denominazione dell’attuale via Fani fu via del Mercato. Le motivazioni sono da ricondurre allo sbocco in piazza Matteotti, chiamata anche “delle Erbe”, dato che vi si teneva il mercato ortofrutticolo.

I piatti dell’Oste Barbaro. Gigio (Luigi) Catanelli – occupandosi di usi e costumi del territorio perugino agli inizi del 1900 – ci ricorda che, oltre alle macellerie, in via del Mercato era attiva l’osteria di un certo Sguilla Nazareno (forse “Nazzareno”, con la doppia zeta, alla perugina) il quale cucinava ogni genere di carne. Addirittura, si diceva che preparasse dei piatti con rapaci e uccelli notturni, come falchi, gufi e civette, per cui era definito “Oste Barbaro”. La sua clientela era anche attratta dalla crudezza e dalla cattiva fama del soggetto.

Quando, all’inizio degli anni Dieci del Novecento, demolito il Tempio delle Lasche (la pescheria) si pose mano alla costruzione dell’attuale palazzo delle Poste, la strada diventò più ampia e dignitosa. In linea col decoro dei palazzi che la perimetravano, come lo stesso palazzo Ajò.

Perché Via della Chiavica. La denominazione di via della Chiavica, che mantenne per molti anni in età più remota, merita una spiegazione storico-toponomastica. Com’è noto, in perugino “chiav(i)ca” (dal latino tardo “clavica”) significa “chiavica, cloaca”. Il termine, riferito a persona, indica indegnità fisica e morale. Ma, nel nostro caso, assume la specifica definizione di infrastruttura urbanistica funzionale alla civica igiene. Il fatto è che la strada finiva nel punto un po’ infossato in cui pare confluissero le acque putride di piazza Grande (oggi IV Novembre) e quelle del Sopramuro (attuale Matteotti). Il chiavicone di raccolta radunava gli scoli luridi per scaricarli, attraverso un condotto interrato, verso via della Rupe e Campo Battaglia.

Via Fani, secondo uno schema tipico della città etrusco-romana, costituiva l’altro braccio – insieme a via dei Priori – dell’asse viario del decumano est-ovest, che s’intersecava col “cardo” di corso Vannucci.

La denominazione attuale rende onore a Cesare Fani del quale una lapide, in via Mazzini, ricorda che ivi ebbe sede il rinomato studio legale. Nei tempi del secolo breve. Quando le cloache e le puzze del medioevo erano solo un lontano ricordo.

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