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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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PERUGINERIE Quando andavamo alla San Paolo col 23 o il 57. Le memorie di un ex studente

Ricordate le polemiche sull’“esproprio” della sala di registrazione della Scuola di Musica La Maggiore, trasformata in aula?

Forse è il frutto di nostri servizi nei quali abbiamo tirato in ballo la scuola media cittadina San Paolo. Ricordate le polemiche sull’“esproprio” della sala di registrazione della Scuola di Musica La Maggiore, trasformata in aula? Forse sì. Sta di fatto che il lettore Simone Marchetti ci ha inviato questo ricordo che ritengo meritevole di pubblicazione.

“In questo periodo di frequenti passeggiate urbane, mi capita spesso di passare davanti alle scuole medie S. Paolo, un edificio classico, elegante, che fa tornare subito alla mia mente il triennio 1988/1991”.

Scuola media come emancipazione. Per noi ragazzini "di periferia", il passaggio alle medie costituiva un momento a dir poco elettrizzante: alle elementari eravamo pochi bambini, tutti dello stesso quartiere, con un'unica maestra; a scuola si andava a piedi o, al più, con lo scuolabus. Le medie, invece, erano quasi in centro a Perugia, ci aspettavano tanti compagni nuovi che non conoscevamo, tanti professori a cui dare del Lei e, soprattutto, l'autobus "da soli" che ci regalava un primo brivido di autonomia e dove potevamo osservare (ed imitare) i ragazzi più grandi che frequentavano le superiori.

Prendevamo il pullman. In particolare, per noi che provenivamo da Colonnetta/Montebello/San Vetturino, le alternative erano due: il 23 ed il 57. Il primo aveva il suo capolinea periferico, lungo via tuderte, in un distributore di benzina in zona Étoile. Il secondo percorreva via marscianese e "girava" all'altezza del Posto delle Fragole (casolare di campagna adibito a negozio, oggi si direbbe "trendy", all'epoca semplicemente "costoso"). In "pulma" si stava letteralmente appiccicati (altro che distanziamento sociale!) e, dopo un buon quarto d'ora, si scendeva in Borgo XX Giugno, quando questa via era sempre a senso unico, ma in verso contrario rispetto a quello attuale.

Il tabaccaio Tito. La fermata si trovava esattamente davanti al tabaccaio Tito, tappa immancabile per molti di noi, irresistibilmente attratti dalle confezioni pseudo-artigianali di caramelle gommose (in perugino, i "ciucci") che costavano 500 lire cadauna.

L’Alimentare Sisani. Esattamente dal lato opposto, in vista della merenda della ricreazione - in caso che non fosse già stata fornita a casa, dalla mamma - c'era la salumeria/alimentari Sisani che faceva due tipologie di panini: quello da 1000 lire e quello da 500 che, fatalmente, era "tutt'pane" e che della mortadella aveva solo il delizioso profumo.

Panino senza o con ciuccio? Sta di fatto che, le (rare) volte che avevo mille lire in tasca, mi si poneva innanzi uno dei primi, importanti, dilemmi più che amletici, addirittura esistenziali: panino "come dio comanda" senza ciucci, o panino "tutt'pane" con i ciucci?

Poi l’ingresso a scuola. Subito dopo si correva giù per la scalinata lì adiacente che porta in viale Roma e, dopo un giro nell'atrio interno della scuola, si saliva di un piano. Qui, nell'attesa dell'imminente campanella, si entrava in aula. Ricordo una classe vivace e affiatata, socialmente variegata, un ambiente sereno e stimolante, insomma un "cuscinetto" perfetto tra l'infanzia e l'adolescenza. Un modo perfetto per assecondare quel rito di passaggio della nostra Bildung, come si dice nella terra di Goethe.

Il ricordo di professori “speciali”. Il grande valore aggiunto era costituito da un "corpo docente" davvero all'altezza: in particolare, la prof.ssa Pollacci di matematica, gran signora, molto rigorosa come i numeri ed i teoremi. C’era poi la prof.ssa Lancioni di italiano, donna molto affascinante, sempre autorevole, senza però cadere nell’autoritarismo: è la persona che mi ha trasmesso la passione per l'analisi grammaticale, l'analisi logica e, in generale, per la lingua italiana e la lettura. Tra le materie "minori" ricordo, con simpatia ed affetto, la prof.ssa Compagnoni di musica che, ormai vicina al pensionamento, ci portava in un'aula "dedicata" dove, con un vecchio giradischi, ci faceva ascoltare il “Lago dei cigni” di Čajkovskij o il “Bolero” di Ravel; sottoporre una classe di ragazzini a 17 minuti consecutivi di Bolero comporta, inevitabilmente, che alcuni si perdano nei propri pensieri fissando il vuoto e che ad altri, invece, si apra un mondo di saperi e di sapori culturali (io, fortunatamente, appartenevo a quest’ultima categoria).

Ed ecco l’appello. Il ricordo di quel periodo bello e significativo è così vivo in me che l'appello quotidiano della terza media, a trent'anni di distanza, è ancora scolpito nella mia mente: Bacci, Bartolucci, Bendini, Berretta, Brufani, Caligiani, Ceccarelli, Coppari, Crocioni, Damaschii, D'Amico, Ferrini, Forlin, Gaggia, Gambelunghe, Girelli, Maldonado, Marchetti, Morlupi, Papi, Parrini, Platoni, Polidori, Rufini, Sdoga, Stoppini, Zucchetta.

Chissà quanti di quei ragazzini saranno rimasti tali. Se non nell’aspetto, almeno nel cuore.

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