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PERUGINERIE. Come Palazzo Gallenga cambiò il costume perugino

Quando si apriva il corteggiamento alle straniere

Quando si apriva il corteggiamento alle straniere. Come Palazzo Gallenga cambiò il costume perugino.

Non solo una grande istituzione formativa, nata sotto il segno del Fascio e proseguita onorevolmente sotto la repubblica.

Grandi docenti (Massimo Pallottino), anche di casa nostra (Binni, Capitini, Prosciutti, Ignazio Baldelli, Cremonte…). Grandi corsi di formazione di primo livello e di alta cultura.

Ma, cultura a parte, la presenza della Stranieri comportò significativi cambiamenti anche sul piano antropologico. Segnatamente in àmbito sessuale.

Cosa c’entra il sesso? È presto detto… e parlo per esperienza.

Ci fu un periodo – fino alla fine degli anni Sessanta – in cui il costume comportava significative limitazioni ai rapporti fra i sessi.

In particolare, una mentalità provincialotta impediva che ragazze e ragazzine avessero la libertà di uscire liberamente e incontrare i propri coetanei.

Qualche sguardo complice all’entrata e all’uscita della scuola, incontri fugaci ai Baracconi, qualche festina in casa, sotto l’occhio vigile di genitori, zie e fratelli. E mai da sole.

Era costume che le ragazze uscissero in coppia e per ‘agganciarle’ era indispensabile portarsi almeno un sodale di buona volontà che impegnasse l’amica. Anche se racchia. E le ragazze non ancora “appetibili”, sebbene fatte, si distinguevano per il calzino bianco corto che ne designava l’inviolabilità. Non parliamo poi di uscire la sera. Impossibile.

Con le straniere era invece tutta un’altra musica. Un po’ perché di mentalità più aperta, un po’ perché, lontane da casa e dal controllo dei familiari, uscivano anche di sera e concedevano “di più”.

Si arrivava all’assurdo di uscire con ragazze poco piacenti, ma libere e… libertine.

Il prototipo della specie Homo gallus perusinus. Il gallismo perugino (‘pappagallo’ romano o ‘vitellone’ in versione riminese-felliniana) si esprimeva in snervanti attese davanti al portone di Palazzo Gallenga. Quando non si tentava – e raramente si riusciva – di entrare al bar interno, dove l’approccio era più facile. Ma c’era chi vigilava impedendo l’accesso agli intrusi.

La difficoltà delle lingue. Anche i giovani perugini scolarizzati non è che brillassero nella comunicazione multilingue. Era il caso che ci cimentassimo farfugliando qualche parola di inglese, quello delle canzonette: allora a scuola si studiava regolarmente il francese. A parte un po’ di tedesco allo scientifico.

Una volta riuscii, con due svedesi, a parlare in latino. Visto che la formazione classica serve? A una ragazza chiesi perché l’amica sdegnosa rifiutasse il corteggiamento. Dissi: “Velim scire cur amica tua irata sit mecum”.

A prenderle alla Stazione ferroviaria di Terontola. Chi disponeva di quattrini, o dotato di auto, andava addirittura alla stazione ferroviaria di Terontola a prendere le neo arrivate per accompagnarle, con valigie e tutto, alla camera in Perugia.

Insomma: tempi duri per i non abbienti. E l’Inviato Cittadino era fra loro.

Ci avrebbe pensato l’evoluzione dei costumi, il Sessantotto, la trasformazione antropologica a far sì che anche le nostre “freghe” godessero di quelle libertà concesse solo alle straniere.

E fu subito amore. Perugino.

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