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Martedì, 19 Marzo 2024
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CIAO MAESTRO! Scompare dalla scena della vita Silvano Cenci, in arte Straccivarius.

Era stato, a suo tempo, un artista: musicista, performer poliedrico e attore, scrittore, poeta

Scompare dalla scena della vita Silvano Cenci, in arte Straccivarius. Perugia Today ne seguì e ne raccontò la triste decadenza. Quando – a suo dire – aggredito da uno sconosciuto nel cuore della notte, piombò a terra, riportando ferite gravissime che lo ridussero in carrozzella. I medici, contattati dall’Inviato Cittadino, sostennero che le sue condizioni mentali gli impedissero di ricordare la dinamica dell’aggressione. Ammesso – a loro dire – che aggressione mai ci sia stata. Al Seppilli, ex Grocco della Pallotta, Silvano mi raccontò i fatti per filo e per segno. E non mi sembrò affatto rincretinito. Straniato sì. E rassegnato a una fine solitaria, in quel di Montecastrilli, dove decisero di portarlo – senza parenti e familiari che potessero occuparsene – a trascorrere un autunno solitario.

Era stato, a suo tempo, un artista: musicista, performer poliedrico e attore, scrittore, poeta. Come tutti i geni… fu incompreso. Si inventò le “declamazioni” (prima del povero Paolo Vinti) che eseguì per i locali della città. Lo presero per pazzo e gli assegnarono perfino una pensione di invalidità, della quale visse fino agli ultimi giorni. Ci scherzava su e se ne faceva beffe. L’omosessualità dichiarata lo isolò dai perbenisti, che nel privato coltivavano vizi ben più deplorevoli. Il diritto di amare fu il suo mantra, che proclamò in musica e in poesia e argomentò all’interno e all’esterno del Fuori di Angelo Pezzana: quel “fronte di liberazione”, spesso inascoltato, quando non dileggiato. Adesso sentiremo dei pianti di coccodrillo tardivi che ne esalteranno la grandezza. Restano memorabili i suoi scritti, compreso quel “Cuore rivelatore”, da Edgar Allan Poe, che fu il suo testamento.

Ho sulla scrivania i suoi libri di poesia, intrisi di ironia, di dolore e dignità. Di quest’individuo che si definiva “filosofo e monaco tibetano”. La cui scrittura fu apprezzata da Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman, Federico Fellini, con cui lavorò ne “Il Casanova”. Ha insegnato “Taologia teatrale applicata” e “tecniche di improvvisazione scenica” presso il Cut di Perugia. Ha orientato, con esempi e consigli, numerosi attori, poi passati al professionismo. Cugino di Mario, chitarrista di Peppino di Capri, Silvano aveva appreso l’arte di suonare chitarra e contrabbasso dal musicista neozelandese William Hoffmeister: con lui e con Franco Caligiani suonò al Cabaret Montmartre di Nizza, accompagnando il cantante perugino Nito Vicini. Ma, per limitarci al jazz, ha lavorato con musicisti del calibro di Harold Bradley e Chet Baker. In teatro è stato al fianco di Giampiero Frondini e Sergio Ragni con la Fontemaggiore in memorabili spettacoli.

Per il teatro ha scritto, nel corso di un ventennio, musiche e testi de “Il Nuovo Vangelo di Straccivarius. Giudizio Universale in tre atti, Prologo ed Epilogo”. Credette in Dio, ma dileggiò i preti, e perfino – lo dissi un’altra volta – l’arcivescovo di Perugia, Ferdinando Lambruschini. Il prelato, letto il suo “Nuovo Vangelo”, ricevette Giorgio in udienza privata e gli disse: “Vedi, figliolo, ciò che scrivi è sicuramente meritorio dal punto di vista artistico ma, se mi vieni a dire che sei il Cristo, allora noi preti che ci stiamo a fare? Tanto vale che ci togliamo la tonaca. Ti devi curare un po’ i nervi…”. Straccivarius rispose, cortese e lapidario: “I ministri di Dio servono per amministrare la parola del Signore”. E girò i tacchi. Questo era Giorgio, in arte Straccivarius. O anche Stracci, come lo chiamavamo con affetto.

Il ricordo più recente risale a un anno fa, quando Silvano venne alla presentazione di Umbria Libri a portare la sua testimonianza sulla mia biografia di Benito Vicini. Più recentemente, ci aiutò in uno degli incontri alla “bettola letteraria” in Sala Miliocchi. Sempre pronto a contribuire coi suoi ricordi e le memorabili “declamazioni”. Belle e generose, come quelle del “compagno” Paolo. Lo hanno portato a morire a Montecastrilli di Terni. Come Benito Vicini. Come le persone che non hanno nessuno. Come gli individui che sanno pensare in grande. Che hanno ali, ma non possono volare perché la società ha così deciso. Ciao, Silvano, ciao, Stracci!

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