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Perugia in lutto, è morto Enrico Orsini Federici. Il ricordo dell'Inviato Cittadino

Ha saputo egregiamente coniugare l’amicizia e la professione medica. Lo rimpiangono in tanti, per le sue spiccate doti di competenza e umanità

Ci ha lasciati Enrico Orsini Federici, un personaggio che ha saputo egregiamente coniugare l’amicizia e la professione medica. Lo rimpiangono in tanti, per le sue spiccate doti di competenza e umanità.

Era nato a Foligno nel 1930 ed è deceduto nella città della Quintana cui era legatissimo. Persa la mamma a soli cinque anni, aveva avuto due fratelli, Edda e Pietro (amico e collezionista di Gerardo Dottori). Poi, dal secondo matrimonio del padre, i fratelli Paolo e Massimo, entrambi apprezzati medici odontoiatri.

Durante la guerra, la famiglia si trasferisce a Massa Martana. Enrico inizia gli studi classici a Foligno e li termina al Mariotti di Perugia, città dove la famiglia si trasferisce in via del Salto, in zona Carmine, fra via della Viola e via Imbriani.

Enrico si laurea in medicina presso lo Studium Perusinum nel 1956. Dopo il servizio militare, prestato come ufficiale medico a Firenze, torna a Perugia e lavora prima come guardia medica, poi come direttore sanitario presso il Sanatorio Casa di Cura “Villa Umbra” a Pila (PG), quindi come medico di famiglia nel quartiere di Elce e nella frazione di Pila.

Proprio all’Elce viene a vivere in via Annibale Vecchi e opera attivamente come medico di famiglia nel quartiere, impegnandosi anche al Grocco, allora sanatorio. Infatti Enrico somma alle specializzazioni in pneumologia e cardiologia, quella in “Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio”.

Nel 1962 sposa Angela Maria Angelantoni dalla quale ha due figlie, Cristina e Francesca.

Era il 2002 quando, a causa di un banale incidente in montagna, rimane semiparalizzato. Affronta la disabilità con tenacia ma, in aggiunta, viene colpito da una Miastenia Gravis con la quale riesce a convivere sino alla fine.

Enrico era persona amante dello sport, della caccia, dei viaggi, delle passeggiate, del gioco delle carte… in cui si riteneva imbattibile. Dialogava con tutti, proponendo sempre un punto di vista originale, disposto però ad accettare diversità di opinioni.

L’Inviato Cittadino e la sua famiglia (moglie, madre, figlie) sono stati per anni assistiti da Enrico. Impossibile non ricordare qualche aneddoto e le circostanze che mi hanno consentito di conoscere e apprezzare le sue doti. Dirò solo che Enrico univa in felice sintesi l’atteggiamento autorevole e affettuoso del medico di una volta con una curiosità costante verso le più recenti acquisizioni in campo medico-scientifico. E sapeva vestire ogni sua visita della cordialità affettuosa dell’amico.

Non mi ha mai rifiutato una visita adducendo pretesti: lo chiamavo alle 7 e arrivava alle 8, sempre sorridente e disponibile. Ricordo che quando nacquero le mie figlie, gli chiesi se avesse piacere di prenderle in carico (allora non era obbligatoria la scelta del pediatra). Mi rispose sorridendo “Il bravo meccanico aggiusta la Cinquecento e la Ferrari”. E le mie figlie lo adoravano. Quando Enrico si operò al rene, la bambina più grande, Sara, insistette per venire a trovarlo al Policlinico di Monteluce ed Enrico ne fu contento.

Enrico era molto affezionato al padre il quale, con lo stipendio di impiegato, era riuscito a portare alla laurea in medicina lui e i suoi fratelli… non senza severità! Per dargli importanza, a lui, ormai molto anziano, aveva affidato il compito di premere il pulsante apriporta dell’ambulatorio quando suonavano i pazienti. Lo ricordo come accoglieva le persone, serio, taciturno, orgoglioso del rispetto e della stima di cui godeva il figliolo.

Anche negli anni della sofferenza, Enrico Orsini Federici ha mantenuto interesse per la vita, curiosità e senso dell’umorismo. Spesso amava tornare a Foligno e sostare presso il fiume Topino, di fronte al palazzo del Carburo, dove era nato, nel ricordo della sua fanciullezza.

Riposa al cimitero di Massa Martana, terra degli amatissimi genitori Livio e Matilde. All’Elce ha lasciato un ricordo indelebile. Ciao, Enrico. Che la terra ti sia lieve.

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