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INVIATO CITTADINO Oggi è Santa Lucia che non è… “l giorno più curto che ce sia”

Detti e contraddetti dell’antropologia perugina

Oggi è Santa Lucia che non è… “l giorno più curto che ce sia”. Detti e contraddetti dell’antropologia perugina. Tutto deriva da un fraintendimento meteorologico. Il popolo cita il giorno della santa, mentre la scienza indica il solstizio d’inverno che cade il 21 dicembre. Il 13 dicembre del 303 è, appunto, il “dies natalis” della Santa, ossia il giorno del martirio.

Peraltro, la sua celebrazione cade a ridosso del solstizio d’inverno ed è tipico dire che ‘la notte di santa Lucia è la più lunga che ci sia’, di certo in riferimento al nome Lux/Lùcia (femminile di Lucius), alla luce intesa come vista, luce nel buio, ma anche luce della fede. Contro il buio materiale o delle coscienze. Chissà!

Nei Paesi nordici si celebra Lucia con particolare devozione e si dice porti doni ai bambini. Un tempo nelle campagne si preparava del fieno per l’asino che le tirava il carretto. Accadeva anche in alcune regioni del nord Italia.

A proposito della Santa, mi piace ricordare che la chiesa della Compagnia della Buona Morte, in piazza Piccinino, faceva parte in origine della parrocchia di Santa Lucia. E che, in via Baglioni, c’è una bella chiesa dugentesca, restaurata nel Settecento, dedicata alla santa. Ci sono andato qualche anno fa col Circolo Bonazzi del pittore Franco Venanti che faceva celebrare una messa per i soci in occasione della ricorrenza. Peccato che sia quasi sempre chiusa. Un tempo vi si svolgevano attività oratoriali. Al suo interno opere del Carattoli, di Francesco Appiani e di Carlo Spiridione Mariotti, cantore della vita perugina. La tela sull’altare, di Giulio Cesare Angeli, presenta Vergine, Bambino e santa Lucia con sant’Ivo, patrono di avvocati e magistrati. Così come esistono (in quella che si chiamava Santa Lucia Sobborghi, una chiesa vecchia (al discesone) e una nuova (al piano, oltre il laghetto) di Santa Lucia, retta dall’immarcescibile don Ignazio. Si staccò dalla parrocchia di Sant’Andrea in Porta Santa Susanna nel 1920. Compie dunque un secolo di vita.

Essendo prossimo l’anno dantesco, non è fuori luogo ricordare che nella “Commedia” è la Vergine Maria che chiama Santa Lucia perché si rechi da Beatrice a pregarla di tutelare il viaggio di Dante. E lo stesso poeta sarebbe stato assistito dalla protezione della santa per guarire da un male agli occhi.

Contro il male agli occhi e i frustuli che possono entrarvi provocando forte fastidio, si usavano le “pietrine de Santa Lucia”, ossia dei sassi piatti che si passavano davanti alle palpebre. Dicono che funzionasse, ma si trattava di un semplice atto di fede.

L’agiografia narra che a Lucia furono cavati gli occhi durante il Martirio, ma il Signore glieli restituì immediatamente.

Un proverbio meteorologico recita “Per Santa Lucia la neve è pla via”, ossia nevica o… si prepara a farlo. Anche quest’anno il detto “ardice”: basta guardare le cime dell’Appennino.

A proposito di fede e invocazioni, la storia ricorda che i soldati della prima guerra mondiale, all’arrivo dei gas sparati dai nemici, o delle esalazioni che tornavano indietro, spinte dal vento contrario, esclamassero: “Santa Lucia, sàlveme j occhi!”.

Perfino banale ricordare che Santa Lucia è protettrice di oculisti, ottici, ciechi e ipovedenti. Perfino degli elettricisti, cosa per me incomprensibile.

La tradizione perugina riferisce che a proteggere la vista valga anche la preghiera alla Vergine davanti alla Cappella del Santo Anello in cattedrale. Lo faccio spesso perché… non si sa mai.

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