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Nuove restrizioni, le preoccupazioni della filiera agroalimentare umbra: i fondi stanziati non bastano

Sia per il comparto vino che per quello olio - oltre che per tutta la filiera Ho.Re.Ca. - le misure per contrastare le perdite sono inadeguate: il grido d'allarme lanciato da Confagricoltura Umbria

Con l’Umbria passata in “zona arancione”, quella a rischio medio-alto per l’emergenza sanitaria, anche il settore agricolo regionale chiede attenzione alle istituzioni. Lo fa attraverso Confagricoltura Umbria per cercare di minimizzare gli effetti negativi sul comparto agricolo, in base alle nuove misure anti Covid-19.

I provvedimenti presi per contrastare la seconda ondata di contagi da Covid-19, in vigore fino al 3 dicembre, incidono soprattutto sull'ordinaria commercializzazione dei prodotti alimentari. È fondamentale quindi, si legge nella nota di Confagricoltura, valutare le inevitabili conseguenze economiche che si abbatteranno sul comparto agroalimentare a seguito della chiusura, in particolare delle attività legate al canale Ho.Re.Ca., con la possibilità di continuare solo la vendita da asporto.

Fabio Rossi, presidente regionale di Confagricoltura Umbria, rilancia in chiave territoriale quanto richiesto dal presidente nazionale Massimiliano Giansanti che con una lettera inviata al commissario UE all’agricoltura e sviluppo rurale, Janusz Wojciechowski, sollecita ulteriori risorse finanziarie oltre che un significativo aumento dei massimali per la concessione degli aiuti pubblici nell’ambito del regime straordinario varato dalla Commissione.

L’auspicio quindi, per Rossi, è che anche a livello regionale ci sia massima attenzione, in questa nuova e difficile fase: “La durata e l’intensità della crisi deve portare tutti ad approfondire l’esame sulle prospettive dei mercati agricoli, con l’obiettivo di salvaguardare la stabilità e l’efficienza anche delle imprese della nostra regione”.

Operatori della filiera Horeca

L’impatto dei nuovi provvedimenti infatti sarà rilevante, considerato che i consumi alimentari extradomestici a livello nazionale – rileva Confagricoltura – ammontano a circa 80 miliardi di euro l’anno, con un’incidenza del 30% sul totale. Già quest’estate, alla ripresa dell’attività dopo la “fase due”, Ismea stimava una contrazione del fatturato di circa 34 miliardi.

Secondo l’associazione servirà un ammontare di risorse superiore a quello stanziato (circa 80 milioni di euro) per contenere l’impatto della prima ondata della pandemia, perché è necessario limitare le difficoltà a carico della prima filiera produttiva italiana, quella agroalimentare, che esprime un fatturato complessivo annuale che sfiora i 540 miliardi di euro.

La chiusura, in particolare, di bar e ristoranti avrà un impatto negativo sulle vendite e sulle esportazioni di alcuni prodotti che non saranno compensate dall’incremento dei consumi domestici. Lo stop delle attività serali di ristorazione tramite pubblici esercizi ed altri canali (hotel, catering, mense etc.) determinerà inevitabilmente un calo del fatturato di queste attività e conseguentemente un arretramento degli acquisti di prodotti agroalimentari che alimentano tale catena. Questa complessa situazione richiede di intervenire adeguatamente per compensare le mancate vendite da parte dei produttori dell’agroalimentare agli operatori della filiera della ristorazione.

Anche per gli agriturismi la situazione non è certo migliore: si registra infatti una perdita complessiva di fatturato pari al 70% in meno con migliaia di lavoratori a casa.

Effetti crisi su alcuni comparti agroalimentare

Secondo alcuni dati della FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, gli alimenti che compongono in prevalenza la cena fuori casa includono anche per gli umbri notevoli quantità di prodotti ortofrutticoli, della panetteria, olio di oliva ed uova, mentre il vino è presente nella metà dei casi in cui si cena fuori casa e consuma in bar, enoteche ed altri pubblici esercizi, ora costretti ad interrompere in anticipo la somministrazione, con gravi conseguenze sul proprio giro di affari.

Per il comparto vino il provvedimento “riduzione rese” uscito alla vigilia della vendemmie, come spiega il presidente della sezione vino di Confagricoltura Umbria Niccolò Barberani, ha dato risultati davvero poco incoraggianti: “Sono avanzati infatti circa 51,9 milioni di euro. Tale avanzo è dovuto alla evidente inadeguatezza della forma e dell’attuazione del provvedimento. I fondi non utilizzati verranno ridistribuiti per aiuti anche in altri ambiti al di fuori dell’agricoltura, davvero un grande spreco di risorse importanti. Riteniamo che sia una sconfitta per tutto il settore vino italiano”.

Barberani ricorda poi che è in fase di formulazione un nuovo DM in merito agli aiuti sullo stoccaggio dei vini nelle aziende. “Riteniamo possa essere – afferma – una favorevole misura di sostegno alla luce di questa seconda chiusura che porterà un nuovo aumento delle giacenze di vino nelle nostre cantine, ma la lettura delle bozze ministeriali ha evidenziato delle caratteristiche molto negative: somme irrisorie di sostegno; modalità di presentazione domande a tempo che non vanno a privilegiare i meriti delle aziende; vincoli complessi e di difficile attuazione; un chiaro indirizzo a privilegiare aziende di grandi dimensioni, sottolineando che si dà più valore alla quantità che alla qualità dei nostri prodotti”. 

Confagricoltura Umbria ritiene quindi che queste misure di sostegno siano di scarsa utilità per le imprese umbre. “Chiediamo pertanto alla Regione di essere protagonista nel rilancio della vitivinicoltura umbra, con sostegni mirati e concreti ai nostri viticoltori in un momento così delicato e difficile” conclude Barberani.

Per il settore dell’olivicoltura il periodo del primo lockdown di marzo-maggio ha coinciso con la stagione già in fase avanzata, mentre ora invece, anche se in presenza di un parziale lockdown, l’olio è all’inizio della sua stagione e il contraccolpo sarà più forte. A sottolinearlo è il presidente della sezione olivicola di Confagricoltura Umbria Marco Viola: “In Umbria la materia prima quest’anno è di grande qualità anche se la resa è poca. Dal punto di vista della produzione quindi tutto va bene ma i problemi arrivano specialmente per il settore dell’Horeca. Quindi c’è preoccupazione per come risponderà il mercato, con alcune variabili “positive” come l’E-commerce, la Gdo e i privati che possono sopperire la parziale chiusura di ristoranti e altre attività del comparto. Un mercato alternativo che però non copre del tutto la perdita e quindi si auspicano ‘ristori’ che possano venire in aiuto almeno in parte”.

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