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Giovedì, 25 Aprile 2024
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E' morto Pietro Crocchioni, il ricordo: "Scompare una straordinaria figura di artista e di uomo"

Una vita al servizio dell’arte. Anzi: “delle” arti. Arte pittorica, come amante gelosa della fotografia

Con Pietrino Crocchioni scompare una straordinaria figura di artista e di uomo. Una vita al servizio dell’arte. Anzi: “delle” arti. Arte pittorica, come amante gelosa della fotografia: due pulsioni che hanno scandito le fasi dell’esistenza di Pietrino, consentendogli di coniugare lavoro e sentimento.

A far capo dalle prime prove (1954), sono 66 anni di pratica ininterrotta, di alternanza assidua tra pellicola e pennello. Anni in cui Crocchioni è riuscito a raccontare la realtà e il proprio bisogno di evadere da una quotidianità che gli stava stretta. Da un lato, adattandosi a fare cronaca… per la pagnotta. Dall’altro, per lo spirito, impegnandosi a distillare e rendere visibili i suoi polimorfici mondi interiori, a interpretare liberamente i cromatismi assoluti della natura.

La consapevolezza della sua bravura – in tempi di pellicola – gli permetteva di non sbagliare uno scatto. Gli chiedevo come facesse. Lui si scherniva, poi mi spiegava che – anche senza esposimetro – teneva conto della camicia bianca, del controluce. Insomma: diceva di fare solo due scatti per scrupolo. Sennò, gliene sarebbe bastato uno. Era gelosissimo del proprio lavoro. Una volta che mi ero affiancato a lui mi accusò, bonariamente, di rubargli lo scatto. E aveva ragione.

E veniamo alle tele di Crocchioni. Ci hanno sempre aiutato a comprendere il mondo, anche se, a loro modo, contestavano il reale, adeguandosi a parametri di geometrismo e perfezione che la gente comune non conosce. Quasi volesse convincerci che il mondo è più bello di come abitualmente lo vediamo. Tele che non rassicurano, ma turbano, perché ci interrogano e ci rimproverano per il nostro modo di percepire la realtà: da impiegati, non da poeti.

Pietrino amava le estemporanee. Gli consentivano di passare una giornata all’aria aperta, mangiare con gli amici. Ma anche incavolarsi di brutto… quando non vinceva. L’ho premiato tante volte, ma non gli bastava mai. Perché Pietrino non era il pittore della domenica, ma proveniva da studi rigorosi. Attraverso quelle opere si colgono gli inizi, gli studi di nudo in Accademia, le immagini familiari, i bollori della contestazione sessantottina, fino alle sfide più recenti.

L’arte di Pietro è democratica. È impossibile non avvertire la vagonata d’amore che ci investe davanti al trittico perugino (in pagina): non solo un rigoroso skyline, ma un’interpretazione della città, còlta nel suo essere la casa degli uomini e il libro della storia, squadernata in una narrazione intensa, magica e ruvida, come solo sanno essere i profili e i travertini della Vetusta.

Pietro sfacciato e timido: lui che ha immortalato milioni di volti e che è sempre in imbarazzo nel mettersi in posa davanti alle sue creature. Pietro disinvolto e sensibilissimo, specie quando l’amico, per dileggio, fa prova di non apprezzare il suo lavoro. Allora si chiude a riccio e s’impermalisce. Poi, tutte le volte, finisce in una risata, complice e liberatoria.

Pietro amava intensamente la natura. L’ho visto decine di volte frequentare le estemporanee di pittura, il suo lavoro open air, impaziente e nervoso. Regolarmente, in poche ore, riusciva a distillare il suo quadrato con incluse le caratteristiche di luoghi noti o sconosciuti: una magistrale striscia di rosso, il giallo e il blu. Una macchia bianca, una nera: forse un gabbiano, forse una rondine o un corvo. Poi la gioia della vittoria, ma anche la rabbia repressa della “sconfitta”: non per il premio mancato, ma per la delusione di non essere riuscito a farsi capire come voleva da una giuria frettolosa e impreparata.

Questo amore per la natura (natura naturans di Bruno e di Spinoza) traspare dalle sue tele, tanto che, in preda al bisogno di renderlo palese, Pietrino verga un suo snello autoritratto al lavoro tra la natura scrivendo la propria dichiarazione di poetica: “Immergersi nella natura, poi il desiderio di fissare i suoi profumi segreti velocemente sulla tela”.

Ecco: la Natura. Un libro scritto in caratteri matematici, per Galilei. Per Pietrino, invece, un esempio di lampante sinestesia. Declinata in un racconto di colori e di profumi. Ciao, Pietrino. La tua simpatia e la tua arte ci mancheranno. Come le baruffe che facevamo ogni tanto. Per celia, s’intende.

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