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Rimosso lo spruzzone delle polemiche, MaMo la butta in ironia. Alla sua maniera

L'artista: "Quello che mi spiace è il fatto che un lavoro d’arte, piaccia o meno, sia divenuto strumento di polemica politica. Obiettivo che non mi ero di certo proposto"

Rimosso lo spruzzone delle polemiche, MaMo la butta in (auto)ironia. Alla sua maniera. Ossia proponendo, all’interno di Shinto, locale di tendenza di via Mazzini, una nuova opera che storicizza la cronaca di una prepotenza subìta.

Ne abbiamo già raccontate le vicende (INVIATO CITTADINO L’installazione di Mamo in via Mazzini fa discutere e divide politica e cittadini. Polemica di panna montata) declinandone la rimozione forzata da via Mazzini e il suo trasferimento all’interno (Perugia, Opera di Mamo in via Mazzini: ingiustizia è fatta). Non senza riportare l’opinione dell’assessore alla Cultura Leonardo Varasano (Caso opera d'arte di Mamo in centro, Varasano spazza via le polemiche: "L'arte è libertà: la volgarità sta altrove"), fino alla attuale collocazione dello spruzzone all’ingresso della collettiva d’arte in Villa Fidelia di Spello (Lo spruzzone di MaMo trova casa… a Villa Fidelia di Spello. Finalmente un po' di pace, senza sterili polemiche... con sorpresa).

Massimiliano Donnari non è acrimonioso, ma torna in tema con la solita dose di satira. Per prendere, e prendersi, amabilmente in giro. Aveva già replicato, su queste colonne (L’installazione di Mamo in via Mazzini, l'artista perugino replica dopo le polemiche: "Si scandalizzano per l'arte, ma tacciono su un centro scambiato per orinatoio..."), ma ora lo fa in modo diverso. Ossia col linguaggio universale e iconico dell’arte.

Ha così realizzato, all’interno di un segnale di divieto, lo spruzzone della discordia (“ino”, in questo caso). Sopra c’è, naturalmente, un bel “crocione” di cancellazione. A lato una serie di punti interrogativi, come per dire: “Me l’hanno fatto togliere, ma non ho ancora capito perché”.

Ed ecco che, in basso, raffigura un carro attrezzi trainante il colossale e divisorio manufatto. Più espliciti di così non si può.

Ma – in amichevoli colloqui – riflette. “Mi hanno fatto una pubblicità insperata”. E aggiunge: “Quello che mi spiace è il fatto che un lavoro d’arte, piaccia o meno, sia divenuto strumento di polemica politica. Obiettivo che non mi ero di certo proposto”.

Viene da riflettere sul fatto che non tutte le polemiche vengono per nuocere. Ma l’arte, in una società civile, o è libera o… quella società non è democratica.

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