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INVIATO CITTADINO Ci ha lasciati Nazareno Bondi, medico perugino amatissimo

Aveva 83 anni e alle spalle una vita di amicizia e lavoro, di sapere scientifico e dedizione

Ci ha lasciati Nazareno Bondi, medico perugino amatissimo. Aveva 83 anni. Alle spalle una vita di amicizia e di lavoro. Di sapere scientifico e dedizione.

Fin da giovane, aveva seguito le orme del padre, di cui continuava la professione nell’ambulatorio al pianoterra di via Snella.

In medicina era stato un antesignano della terapia del dolore. La praticava a Gubbio, dove spesso si recava in motocicletta. Era questa una sua passione, coltivata con amore e competenza. Una volta paragonò il mio cardiopalma alle bizzarrie del motore di una Guzzi: macchina perfetta, che ogni tanto fa un capriccio.

Faceva star bene le persone con l’agopuntura, in un’epoca in cui questa pratica poteva apparire una specie di stregoneria. Ma i risultati gli davano ragione, testimoniata dalla gratitudine di coloro che ne avevano tratto beneficio.

Nazareno Bondi è stato il mio medico di famiglia. Ci prese e ci curò, il corpo e la mente, dopo la scomparsa di mio padre. Ero solo un ragazzo. Scendevo da via della Viola al suo ambulatorio anche per una parola di conforto.

Nazareno era una persona di generosità straordinaria. Fra i tanti aneddoti, ricordo quello della Nena e della Tina, le due domestiche dei fratelli Ribustini, Ulisse in particolare, grande pittore d’arte sacra e docente all’Accademia di Belle Arti.

Le due donne avevano ereditato l’intero fabbricato al numero 2, di fronte a quella che era la sede del liceo scientifico Alessi, dentro l’ex convento di San Fiorenzo. Disponevano di un patrimonio immobiliare consistente, ma soldi zero. Tanto che tiravano avanti alla meglio, con gli affitti.

Vivevano sole, confortate dall’affetto del ‘nipotino’ Giuliano. Sì, proprio Giuman, che abitava al primo piano, mentre la mia famiglia viveva al terzo.

Accadeva talvolta che la Tina, anziana e debole di cuore, avesse delle crisi. Allora la Nena saliva su a chiedere aiuto. Io scendevo e facevo la classica puntura. Dopo di che, se non si riprendeva, non restava che chiamare Nazareno. Che peraltro non era nemmeno il loro medico. Lui rispondeva, anche in piena notte, si vestiva, veniva su e faceva quello che serviva. E non presentava il conto. Si contentava di un grazie. Questo era l’uomo.

Ecco perché, quando ne ho visto il declino, mi si è stretto il cuore. Lui il cuore lo curava bene. E ne aveva uno grande. Immenso. Non potremo che rimpiangerne i palpiti.

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