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Cinque anni fa scompariva il poeta e intellettuale perugino Lodovico Scaramucci. Il ricordo dell’Inviato Cittadino

Lodovico Scaramucci è stato una personalità poliedrica, oltre che solida figura di riferimento della cultura perugina. Numerosi i ruoli e le funzioni ricoperte con onore e competenza

Cinque anni fa (il 21 luglio 2015) scompariva il poeta e intellettuale perugino Lodovico Scaramucci. Il ricordo dell’Inviato Cittadino.

Lodovico Scaramucci è stato una personalità poliedrica, oltre che solida figura di riferimento della cultura perugina. Numerosi i ruoli e le funzioni ricoperte con onore e competenza.

È stato Direttore della Biblioteca Universitaria Centrale. Ha ricoperto l’incarico di dirigente della scuola professionale serale “Antinori”. Lo ricordo in via Calindri, con la sua borsetta a bustina, occuparsi della formazione di adulti: studenti-lavoratori ai quali necessitava un diploma per migliorare le condizioni di vita. Vico nutriva una concezione alta della cultura e dei valori religiosi, ai quali sempre improntò la propria esistenza. Lo vedevo alle funzioni liturgiche alla chiesa di San Donato all’Elce, la sua parrocchia. Gran camminatore, curava la forma fisica e coltivava il rispetto per il corpo. Lo incontravo, talvolta, con sotto braccio il suo tappetino da ginnastica: attività che ha praticato per tenersi in esercizio, finché le sue condizioni gliel’hanno consentito.

È stato socio ordinario della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, ha collaborato con l’“Istituto Conestabile della Staffa”, ha fatto parte della “Famiglia Perugina”, è stato membro della Commissione Toponomastica del Comune di Perugia, nella quale si è sempre distinto per dedizione alla memoria della città e dei personaggi che ne hanno connotata l’identità.

Dalla duratura e amichevole cooperazione con la raffinata artista Mariaelisa Leboroni sono nati volumi preziosi come “A patollo” (1973) in vernacolo; “Le favole di Fedro” (1977), rielaborazioni dialettali, taglienti e pensose, della favolistica antica; le meditate e intense “Poesie della notte” (1981), in lingua. Quando mi donò questo volumetto, mi raccomandò la riservatezza: si trattava di liriche d’amore, delicate e sognanti. Altri libri belli sono stati “A la solina” (1989) scritto nel suo scoppiettante idioma perugino “del centro” e la fiaba per i più piccini “La principessina”.

Lodovico Scaramucci è stato anche autore di una vasta produzione inedita, che riteneva poco morale pubblicare, in ragione dei costi dell’editoria. “Soldi che si possono dare ai poveri”, diceva.

I suoi fulminanti e sornioni epigrammi dialettali – graffianti “pasquinate” su costume, vezzi e vizi contemporanei – sono comparsi sulle colonne de “Il Ponte”, firmate con lo pseudonimo di Vico. Lodovico apprezzava la figura di monsignor Vicarelli, che di quel periodico era stato fondatore e infaticabile animatore. E amava contribuire alla pubblicazione, collaborando amichevolmente, anche dopo la morte di don Gino.

Un ricordo personale. Vico intese farmi dono dei suoi sapidi epigrammi, scritti in un magnifico perugino urbano, per inserirli nelle pubblicazioni dell’Officina del Dialetto dell’Accademia del Dónca. Volli includerlo nella silloge “L mèjo d i poeti perugini” con ben 60 composizioni inedite che mi consegnò con fiducia. Ricordo che, durante una visita nel periodo della malattia, quando quasi non parlava più, mi fece intendere di essere contento di comparire in quella pubblicazione.

Manifestò stima verso il mio lavoro sulla peruginità, presentandomi l’industriale e scrittore Pompeo Checcarelli per il quale curai la pubblicazione di ben 24 raccolte poetiche, metà in lingua e metà in perugino. Il 25.mo volume conteneva tutte le mie prefazioni. Fu, quello, un rapporto del quale vado orgoglioso e che tengo solido nel cuore e nella memoria, anche dopo la scomparsa di Checcarelli, uomo colto e generoso. E debbo a Vico l’instaurarsi di quella prolifica amicizia.

La pagina di Scaramucci, improntata a sapida ironia – derivante dall’osservazione disincantata della vita e degli uomini – dietro l’apparente levità, cela sempre un pensiero profondo, un velo di malinconia, una riflessione esistenziale. Ciao, Vico, perugino vero. Intellettuale di rango. Credo che Perugia ti debba molto. E io ancor di più.

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