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INVIATO CITTADINO La 'maledizione' del film “Sette note in nero” di Lucio Fulci

Ecco cosa accadde, nel ricordo dello storico della decima musa, oltre che competente e appassionato cinefilo, Fabio Melelli

Quando al cinema perugino Zenith si ebbe conferma delle qualità iettatorie del film “Sette note in nero” di Lucio Fulci. Ecco cosa accadde, nel ricordo dello storico della decima musa, oltre che competente e appassionato cinefilo, Fabio Melelli.

Fabio rammenta: “Si trattava di un thriller parapsicologico, interpretato da Gabriele Ferzetti, Ida Galli, Marc Porel, Jenny Tamburi, Ugo D'Alessio, Gianni Garko. Intorno al film di Fulci aleggiava un’aura di mistero che gli guadagnò una fama di infallibile proprietà jettatoria. Confermata dai fatti.”.

Queste le circostanze. “Nel 1992 decisi di invitare gli amici Antonio Bruschini e Antonio Tentori (autori di un libro sul thriller italiano), al Cinecircolo del Cinema Zenith, di cui ero direttore artistico, curandone pertanto la programmazione cinematografica. Gli stessi personaggi, tre anni dopo, sarebbero stati al mio fianco anche in occasione dell’omaggio pilese a Tinto Brass (ne abbiamo parlato su queste colonne ndr).

Aggiunge Melelli: “Antonio Tentori mi propose di ospitare anche Aristide Massaccesi, in arte Joe D’Amato, con il quale in quel momento stava lavorando come sceneggiatore. Naturalmente accettai di estendere l’invito a Massaccesi, il quale aveva peraltro contribuito con piccole perle a quel genere cinematografico”.

Allora, cosa accadde?

“Dopo la presentazione del libro, chiesi di procedere alla proiezione di ‘Sette note in nero”, di Lucio Fulci, film che avevamo scelto per concludere il lungo pomeriggio. Dalla cabina, Giancarlo Riccini, storico operatore della sala di Via Bonfigli, cercò più volte di far partire il film, malauguratamente senza riuscirci. Non ci fu verso di convincere il lettore del nastro a funzionare”.

Un incidente con carattere di eccezionalità, vero? Dunque, annullaste la proiezione?

“Sconsolati, io e i miei ospiti guadagnammo l’uscita della sala. Ma la sfortuna non era finita. Proprio mentre Aristide si era rimesso in auto per ripartire alla volta di Roma, scoppiò una gomma e il regista rischiò di ammazzarsi, ma riuscì fortunosamente a non finire fuori strada.”.

La cosa finì lì? Insomma solo casualità e coincidenze?

“Tempo dopo – prosegue Melelli – parlando al telefono con Lucio Fulci, gli riferii quanto era accaduto quel pomeriggio allo Zenith. Il regista rispose: ‘Non mi sorprende affatto!’ E precisò che tempo prima avevano provato a proiettare lo stesso film a Bologna, senza riuscirci, in quanto la pellicola si strappava continuamente”.

La maledizione della celluloide. Fu solo un caso o jella provata?

“Come se lo spiega?”, azzardai. “Con quel film” mi disse Fulci “ho toccato degli argomenti di cui non si dovrebbe mai parlare, in particolare quello delle premonizioni. È successo a me quello che è successo a Polansky con “Rosemary’s Baby”, produzione dopo la quale la moglie venne uccisa da Charles Manson”. Anche il regista italiano, dopo “Sette note in nero”, dovette sopportare una serie di sfortunate e dolorose vicende di carattere personale e familiare, sulle quali non è opportuno soffermarsi…”.

Non toccate certe corde… l’inevitabile conclusione.

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