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L'INTERVISTA - Monella: "Il termine pedone è stato cassato a Perugia. Ma le conseguenze sono pesanti"

Continua il nostro viaggio a Perugia tra chi vuole sempre meno auto, chi invece nuove aperture in centro...

“Pedone, termine ormai definitivamente cassato dal vocabolario della civitas perusina”. Lo sostiene – a nostro avviso motivatamente – l’architetto Mauro Monella, difensore civico di chi va a pedagna. Utilizzando – in alternativa ai cavalli vapore – il “caval di san Francesco”: santo che, notoriamente, si muoveva pedibus calcantibus. Il noto urbanista del Borgo d’oro, esponente di Italia Nostra, la butta addirittura sul piano etico, non senza aver esaminato gli esiziali esiti (in termini di danni alla salute e di stile di vita) che le attuali scelte sulla mobilità cittadina fanno ricadere sugli incolpevoli abitanti della Vetusta.

Quello che lo preoccupa è anche la prospettiva dell’inquinamento sul piano delle ricadute a carico del turismo: il nostro petrolio. Mauro Monella descrive la città del Grifo come: “Un inquietante groviglio informe di automobili, furgoni, motorette scoppiettanti e di puzze mefitiche che chi più ne ha più ne metta”. Per concludere: “Ardua impresa muoversi nella Perugia a misura di turista”: Per sostenere che qui “i turisti, anziché attirarli, li scacciamo”.

E non sembri un paradosso la constatazione che per le nostre vie e piazze esiste “un gran dispiego di tavolate con piatti abbondantemente conditi... di aria tra le più mefitiche ed effluvi tra i più pestilenziali e ammorbanti che esistano”. Basta guardare quegli sventurati che consumano pizze e aperitivi fra tavoli open air.

L’architetto urbanista arriva a dire: “Chi penserebbe mai di accogliere ospiti facendoli pranzare nella toilette o nello sgabuzzino delle immondizie? Eppure è ciò che in tutta naturalezza si sta facendo in città con i turisti: ci si preoccupa di far apprezzare la città per bellezza, ordine e decoro, ma persino l’abile Andrea Fortebracci, in arte Braccio, vi si troverebbe con le gambe tagliate”. Per non dire “col cranio sfondato”, come gli accadde sotto le mura de L’Aquila. O coi polmoni asfaltati. Che è pure peggio.

Insomma: pur senza plagiare Papa Francesco “favorire l’inquinamento è un grave peccato sociale”. “Chissà che ne dicono il cardinale e il vescovo ausiliare?” (osserva). “La ricetta adottata dalla politica contiene sempre gli stessi ingredienti: anelli, rotonde, bretelle, nodi, sensi doppi e sensi unici, divieti, assi di penetrazione, vie di scorrimento, varchi elettronici,
parcometri e parchimetri, zone a traffico strisciante, Ztl e segnaletica, tanta segnaletica... Interventi tutti ‘auto indirizzati’, mentre il tema della pedonalità non viene mai affrontato”.

Ergo: “Regna sovrano un silenzio complice sui danni provocati dal traffico automobilistico. l’Italia, si legge nel rapporto dell’OMS, ha circa 91.000 decessi all’anno per cancro, causato dall’ inquinamento atmosferico. Ma neppure lo spettro del principe dei mali è sufficiente a disinnescare la moda del ‘muoversi stando fermi’, chiusi in quei ridicoli abitacoli. Producendo ossido di carbonio, anidride solforosa, biossido di azoto, idrocarburi”.

È possibile e ragionevole pensare a una class action? “Certamente, e fondatamente, sì. Stiamo pensando proprio di attivarla. Forse lo faremo”. Conclusione: “Imperativo politico e morale, per ridare ordine e restituire salute, è cambiare modello culturale, conferendo alla pedonalità e al trasporto pubblico il legittimo spazio che meritano”.

Altrimenti? “Se non cambiamo presto le abitudini, avallando i fallimenti della politica del traffico auto, convulsivo e compulsivo, vinceranno i sostenitori della malattia, dell’alienazione e della distruzione di un patrimonio culturale e sociale irrecuperabile. A tutto danno delle future generazioni”.

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