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L'INTERVENTO | Corso Cavour tutta pedonale: ipotesi impossibile? Forse no, quel progetto "congelato" del parcheggio nell'area poligono...

Una ventina di anni fa, una persona sensata, allora presidente del Tiro a segno nazionale, Marco Billi, espose al Comune di Perugia la sua idea innovativa al riguardo. Si trattava di operare uno scambio

Due giorni di fine agosto. Questo il margine temporale entro il quale tutti abbiamo goduto per quel tratto di Corso Cavour, libero dalle auto. Una prospettiva ariosa e insolita, la via foderata di nuovo asfalto da chiamare i passi. Il quartiere, del resto, vocato com’è alla seduzione del passeggio contemplativo, mal sopporta l’arroganza dei mezzi che da sempre lo assediano, soffocandolo. Non è raro imbattersi in blocchi della via dovuti a parcheggi dissennati, talvolta ostacolo anche per il passaggio di veicoli dei vigili del fuoco. Eppure in poche centinaia di metri sono concentrati luoghi culturali di rilievo, come il museo archeologico, Chiesa di San Domenico, Abbazia di San Pietro, edifici storici, giardini del Frontone.

Non solo i visitatori, anche le attività commerciali presenti trarrebbero sicuro vantaggio da un quartiere restituito alla mobilità pedonale. C’è chi in questi giorni va dunque raccogliendo firme per farne una via interdetta al traffico. Azioni episodiche e ricorrenti, puntualmente senza esito, per mancanza di proposte alternative, fra tutte una qualche soluzione per i parcheggi di residenti e no. Una ventina di anni fa, una persona sensata, allora presidente del Tiro a segno nazionale, Marco Billi, espose al Comune di Perugia la sua idea innovativa al riguardo. Si trattava di operare uno scambio.

La Sezione, che occupa una superficie di 10.000 metri in pieno centro, sarebbe sito ideale per ospitare un ampio parcheggio, di cui si avverte sempre più l’esigenza. Rimarrebbero anche altri spazi di pregio, come il giardino e gli edifici interni, da riservare alla collettività per attività culturali e ricreative. Soluzione senza impatto ambientale, peraltro, data la sua posizione entro un recinto murario. Il Poligono, si ricorda, è anche archivio di vicende che si snodano dall’Italia postunitaria, fino alla tragedia della guerra, culminata con la fucilazione di Mario Grecchi. Fu istituito nel 1862, per opera dei personaggi perugini, protagonisti degli eventi risorgimentali, in conformità ai dettami del nuovo stato unitario, che intendeva addestrare i cittadini all’uso delle armi. Primo presidente, Giuseppe Garibaldi.

La proposta di Marco Billi muoveva dalla constatazione di un’ impraticabile espansione del Poligono, data la posizione, cosa possibile laddove il Comune riservasse un’area di pari valore ma decentrata. L’ambizioso progetto intendeva ipotizzare un polo unico per gli appassionati del bersaglio, un consistente drappello, in grado di ospitare anche importanti manifestazioni nazionali, ora impraticabili. Archi, balestre, soft air, armi da fuoco, quelle ovviamente consentite dalla legge, linee di tiro di trecento metri otterrebbero una sistemazione razionale e di sicuro indotto economico, ove praticate in attrezzate aree extraurbane. Oltre alle ricordate attività sportive e di svago, il Tiro a segno nazionale garantisce una serie di servizi per l’abilitazione all’uso delle armi per chi ne ha diritto, addetti alla sicurezza, polizia e carabinieri compresi. Nessuna simpatia, beninteso, ai fanatici, emuli dei vari giustizieri, quelli non entrano neanche. Quell’idea progettuale suscitò interesse e disponibilità da parte del Comune. L’acquisizione di un’area che insiste su un tessuto urbano di pregio, in cambio di una remota landa suburbana, era del resto degna di ascolto, forse da esaminare con più attenzione, ma come noto, tutto sfumò.

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