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Giovedì, 18 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO Garibaldi ammiratore di Dante, la scoperta dello storico Gian Biagio Furiozzi

Lo documenta inoppugnabilmente un saggio appena uscito

Garibaldi ammiratore di Dante. Lo documenta inoppugnabilmente lo storico Gian Biagio Furiozzi in un saggio appena uscito (presto la recensione).

Gian Biagio, ribadito che sei uno dei massimi conoscitori dell’Eroe dei due mondi (apprezzatissimo il tuo ‘Giuseppe Garibaldi’ del 2016), vuoi spiegare ai nostri lettori la passione dantesca di Garibaldi?

“Partirei dall’affermazione di Marcello Veneziani, secondo cui l’Italia non fu fatta da Garibaldi, Mazzini, Cavour o Vittorio Emanuele, ma da Dante. Giudizio perentorio ma corretto. Peraltro è noto che Dante fu scelto come riferimento ideale fin dai primi decenni dell’Ottocento”.

Secondo altri studiosi?

“Giuseppe Galasso afferma che l’opera di Dante fu vista non solo come fattore propulsivo linguistico-letterario, ma anche come presupposto di una coscienza collettiva”.

Cosa c’è di vero?

“Il Clark, nel suo ‘Risorgimento’, ricorda opportunamente che non solo persone colte, ma anche contadini mandavano a memoria interi canti della Commedia”.

Dante piacque a tutti. Ma la passione per lui nutrita da Garibaldi è una tua scoperta.

“Di certo il Ghibellin Fuggiasco piacque a Mazzini, Foscolo e Gioberti. Ma di certo Garibaldi ammirò Dante soprattutto da un punto di vista politico, vedendolo come antesignano dell’idea e del progetto dell’unità italiana. Da lui trasse ispirazione e incoraggiamento per la propria azione politica e ideale”.

Quali studi aveva fatto Garibaldi?

“Nelle biblioteche di famiglia di Nizza e di Genova, trovò testi di matematica e astronomia, ma anche i classici della letteratura italiana e tra essi Dante. Racconta che una gentile e colta signora, a Montevideo, discusse con lui di Dante e dei maggiori poeti italiani”.

Studiò Dante a fondo?

“Tra un’impresa e l’altra, il Generale approfondì la conoscenza delle opere dantesche, come testimonia l’elenco dei libri conservati nella sua biblioteca di Caprera”.

Garibaldi fece allusione a Dante in pubblici discorsi?

“Il 3 novembre 1848 al teatro Goldoni di Firenze alluse al magistero dantesco. Nel 1859 rispose con entusiasmo alla dedica a lui stesso e a Dante che il poeta milanese Francesco Candiani gli aveva fatto nella sua traduzione dell’Inferno in dialetto meneghino”.

Rivelò pubblicamente questa sua predilezione?

“Nell’aprile del 1865 espresse rammarico per non poter partecipare alle manifestazioni celebrative del sesto centenario della nascita dell’Alighieri. Al sindaco del Comune di Ravenna rivolse elogi per ‘il deposito sacro da custodire, ossia le Ossa di Dante, eterna protesta al Papato che le volea insepolte’”. 

C’è anche una frase che è un vero pugno nello stomaco, vero?

“Nel suo testamento politico, Garibaldi si richiama al Sommo Poeta con le parole ‘Meglio attenersi al gran concetto di Dante “Fare l’Italia anche col diavolo”. Si tratta di un suo chiodo fisso, un mantra che ripeteva ad ogni pie’ sospinto. Lo ritroviamo anche nella prefazione al suo polemico libro ‘I Mille’ in cui rivolge ai giovani la stessa frase”.

Altri riferimenti? Esiste un Garibaldi poeta?

“Nel suo romanzo ‘Caprera’ c’è un bella poesia la cui spiegazione chiama in causa Dante e l’episodio del Conte Ugolino. Citando puntualmente, a riprova di una buona conoscenza dell’opera dantesca”.

Altro sulle relazioni dantesche?

“Sette anni dopo la morte dell’eroe, viene fondata la Società Dante Alighieri. Ad essa aderirono convintamente Menotti Garibaldi, Ruggero Bonghi e Giosuè Carducci. Credo che Giuseppe Garibaldi ne avrebbe senz’altro apprezzato natura e finalità”.

C’è un detto famoso, a proposito di Garibaldi?

“Lo conoscono tutti. Lo ribadisce, in un saggio su Dante, Guglielmo Gorni che scrive: “A ben vedere, in Italia Garibaldi e Dante hanno sempre ragione, di loro non si può parlar mai male. Il detto è poi passato in proverbio”.

Concludendo?

“Ancor oggi, sono proprio Dante e Garibaldi, insieme a Leonardo, gli italiani più famosi nel modo. Qualcosa dovrà pur significare”

Gian Biagio Furiozzi Sala dei Notari-3

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