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INVIATO CITTADINO Le campane del duomo tacciono da tempo. I residenti dell’acropoli ne sollecitano la riattivazione

La proposta di Rino Fruttini, civis perusinus. Intervista con don Fausto Sciurpa, priore dei canonici

Le campane del duomo tacciono da tempo. I residenti dell’acropoli ne sollecitano la riattivazione. Fra essi Rino Fruttini, noto personaggio residente in via Baglioni, economista di vaglia e scrittore di vicende familiari e cittadine.

“Le campane della cattedrale sono silenti. Il loro congegno è in tilt. Mancano i fondi per la riparazione. Propongo una colletta”, scrive.

Diversi gli interventi. Fra i quali uno che fa riferimento alle speculazioni immobiliari londinesi “coi soldi delle elemosine”. Poi altre amenità o provocazioni.

Fra le risposte notevoli, e mature, quella della giornalista e storica (laicissima) Gabriella Mecucci che scrive: “Fruttini, purtroppo siamo circondati da un mondo che ha perso il senso delle tradizioni, della bellezza, dello stare insieme, del fare insieme e del dare per difendere un bene comune. Sono nati gruppi di arrabbiati censori che credono di saperla lunga e di essere furbi. Sto con lei e sono disposta a partecipare alla colletta”.

Credo che la proposta di Fruttini sia riconducibile al genere della condivisione. E questo la rende particolarmente apprezzabile.

L’Inviato Cittadino ne ha parlato con don Fausto Sciurpa, priore dei canonici, cui compete l’onere di provvedere.

Dice don Fausto: “Ho dato incarico al manutentore di intervenire. Dovrebbe farlo in tempi brevi”.

È vero che l’impianto è in tilt e va sostituito?

“Certamente. Risente dell’età e dell’usura. Ma c’è anche una questione complessiva”.

Quale?

“Non tutte le campane sono attivate dall’attuale meccanismo. Alcune non sono sollecitate”

Non vale la pena di farle funzionare tutte?

“Certamente. In questo caso è necessario sostituire tutto il blocco, con una spesa consistente”.

Come vedi la proposta di Fruttini, ossia quella di mettere mano al portafogli da parte dei perugini interessati?

“Molto positivamente. Non solo per il sostegno economico. Ma perché sarebbe un segno di appartenenza e condivisione”.

Il monsignore filosofo aggiunge, infine, una riflessione: “Durante la fase più acuta della pandemia, ho voluto che le campane funzionassero. Come segno di apertura dei cuori alla speranza”.

Conclusione: Perugini, parrocchiani e non, una mano sul cuore e l’altra al portafogli. Se sentiamo la città come nostra. Come è giusto che sia.

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