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Giorgio Bàrberi Squarotti, studioso di letteratura e amico di Perugia: il ricordo dell'Inviato Cittadino

Nell’anno dantesco il ricordo dello studioso che venne nella città del Grifo su invito del Merendacolo di Ilde Arcelli

Nell’anno dantesco è bello ricordare Giorgio Bàrberi Squarotti, studioso di letteratura e poeta in proprio. Fu amico di Perugia e dei perugini. Venne nella città del Grifo su invito del Merendacolo di Ilde Arcelli. Fu sodale dell’Inviato Cittadino con cui tenne un folto epistolario.

Insegnò all’Università di Torino, dove fu docente ordinario dal 1978 al 2003, e poi professore emerito. Diresse, fra l’altro, “Critica dantesca: antologia di studi e letture del Novecento”.

Mi piace ricordarlo nell’anniversario del Sommo Poeta, anche per i suoi studi di grande livello. Curò edizioni e ricerche su Giordano Bruno, ma anche su Giosuè Carducci, Carlo Goldoni, Dante Alighieri, Torquato Tasso, Francesco Petrarca, Francesco Berni, Francesco Jovine, Niccolò Machiavelli, Giuseppe Bonaviri, Guido Gozzano, Igino Ugo Tarchetti, Italo Svevo, Vittorio Alfieri, Giovanni Arpino, Carlo Emilio Gadda e Leonida Rèpaci.

Dopo la morte di Salvatore Battaglia, divenne responsabile scientifico del “Grande dizionario della lingua italiana” UTET, presso la quale diresse una “Storia della civiltà letteraria italiana” in sei volumi (1990-1996).

Lo ricordo deciso e battagliero, come quando definì una nota antologia poetica nazionale “parziale e faziosa”.

Fu Consigliere-fondatore della Fondazione Marino Piazzolla. Nel 1981, con Gian Luigi Beccaria, Marziano Guglielminetti e Giorgio Caproni, istituì la Biennale di Poesia di Alessandria.

La nostra amicizia nacque a seguito di un suo stupendo libro di poesia, “Il gioco e il verbo”, uscito presso Orient Express di Castelfrentano, editoriale del russo Antonio Demidov. All’epoca, dirigevo la collana di studi monografici, saggistica e critica letteraria “Lanterne” e dedicai il quinto volume all’opera del caro Giorgio: un saggio dal titolo “La trasfigurazione del reale ne ‘Il gioco e il verbo’ di Giorgio Bàrberi Squarotti”.

Da allora la sua stima per me si tramutò in affetto. Tradotto e dimostrato in lettere e telefonate, sia da Torino che dalle Langhe, dove si recava in estate per vacanza.

Gli feci conoscere il poeta calabro-perugino Francesco Curto che Bàrberi Squarotti annesse agli autori di rango. Infine, suggerii alla poetessa e pittrice perugina Serena Cavallini di fargli un ritratto, quello che vedete in pagina. E che molto piacque al noto studioso.

Nell’anno dantesco, la parola di Giorgio sarebbe stato un valore aggiunto. Oggi, a quattro anni dalla sua scomparsa (avvenuta il 9 aprile 2017), mi piace ricordarne la figura di studioso, poeta e intellettuale. Con rimpianto ed emozione. Con orgoglio perugino.

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