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L'INTERVISTA/2 - Giampiero Mirabassi, oltre mezzo secolo di musica, teatro, letteratura popolare e non solo

Autore sofisticato e insieme popolare. Riesce a piegare il rustico dialetto perugino a esprimere significazioni di alta poesia

Giampiero Mirabassi, oltre mezzo secolo di musica, teatro, letteratura popolare e non solo.

La congerie di premi e riconoscimenti nazionali ne conferma il valore. È autore sofisticato e insieme popolare. Riesce a piegare il rustico dialetto perugino a esprimere significazioni di alta poesia. Anche se dichiara di non amare i complimenti, credo sia consapevole del proprio valore. Ma non vuol darlo a vedere. L’amicizia mi consente di parlarne senza remore e infingimenti.

Entriamo ora, caro Giampiero, nel campo artistico, letterario.

“Per venire alla mia attività letterario/teatrale, anche qui sono stato stimolato e sorretto dalla infaticabile collega Avv. Susanna Bianchi, lettrice attenta e con notevoli doti naturali di attrice”.

Posso dire che sei il maggior poeta vivente in lingua perugina?

“Puoi dirlo, ma forse esageri. Anzi, certamente. In tutta franchezza, riconosco di dovere moltissimo a te, Sandro, e alla poetessa Ombretta Ciurnelli, nonché alla pirotecnica Mariella Chiarini. Insieme avete concorso a stanarmi come un ragno dal buco”.

Grazie, Giampiero, del riconoscimento. Ricordo che avevi pubblicato solo audiocassette e che ci volle del buono per portarti al cartaceo.

“È vero. Pubblicai su tua curatela “Èrme”, e poi vennero “Argì”, il cofanetto “J’ardò” con la raccolta di racconti “Chissà” e l’altro lavoro in prosa “Ossobuchi”… Parecchi reading, premi vinti qua e là”.

Inoltre, sei stato la punta di diamante del ‘cabaret alla perugina’, scrivendo parecchio per Mariella Chiarini, dopo la morte di Franco Bicini.

“Vero. Per lei ho scritto alcuni copioni di cabaret. Per Sandro Allegrini e il Dónca ho partecipato ad alcune iniziative, e ai Lunedì del Dónca, al Morlacchi o alla Sala dei Notari. Ricordo che l’ultimo lunedì del Dónca si è chiuso, per l’appunto, con il mio reading ‘Stellin de stucco’”.

So che la chiusura dei Lunedì del Dónca ti è dispiaciuta.

“Ritengo proprio un peccato, e prima ancora un grave errore di valutazione, l’interruzione dei Lunedì, unica occasione per tanti perugini, magari un poco agé, di sradicarsi dalla noia della tv pomeridiana e riappropriarsi, settimanalmente, del “loro” storico teatro accogliente. Dove potevano incontrare le personalità più varie del nostro panorama culturale, spesso confinato e ristretto in un contesto obbligato di cultura rituale ed elitaria. Come se la fruizione “popolare” degli spazi più prestigiosi fosse uno sminuirli, solo perché ‘viziati’ da gratuità”.

Tu stesso sei un grande affabulatore e venivi accompagnato da un manipolo di attori e musicisti amici, coi quali ci hai regalato spettacoli memorabili. Gratuiti, benefici.

“Confesso di avere molta nostalgia per quella collaborazione, condivisa con la splendida e bravissima Federica Nossini, con l’importante voce perugina di Giulio Bartolucci, la chitarra di Alessandro Zucchetti, l’arpa di Rachele Spingola, la gioiosità folk- sofisticata di Sabrina e i Surd Ensemble”.

Sei anche musicista e hai due figli straordinari. Mi riferisco al clarinettista Gabriele e al pianista Giovanni. Poi ci sono i nipoti Pietro (sax) ed Enrico (pianista), destinati a grandi cose.

“Fin da giovane ho suonato il piano con vari complessi. I miei figli e nipoti, molto più bravi di me, hanno evidentemente ereditato la passione del far musica, che per loro è una professione”.

Sei anche uomo di fede persuasa e generosa.

“Sono scelte personali. Posso dire che sono anche impegnato nel volontariato. Da 25 anni sono barelliere dell’Unitalsi, della cui sottosezione perugina sono presidente, a fine mandato. Ma questa è un’altra storia. Come altra storia è quella che mi ha condotto a trovarmi patriarca di una famiglia, con artisti di livello internazionale”.

Sei patriarca e prototipo di artista versatile e polimorfo. Te lo riconosco da sempre.

“Mia moglie Emanuela ed io abbiamo generato una tribù. Ricordate la canzone ‘Se prima eravamo in due a ballare l’hully gully’? Beh ora siamo in quindici a ballare l’hully gully!”.

Insomma: anche artisticamente hai fatto tante cose egregie… e ne farai ancora parecchie.

“Quello che più mi sorprende, pigro come sono, è come sia riuscito e riesca a fare tante cose diverse, contrariamente a quanto immaginavo da giovane. Ora non penso certo di tirare i remi in barca. Lo farò… quando sarà necessario e inevitabile. OGGI NO”.

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