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Giovedì, 25 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO Musica come testimonianza di cultura e pacifismo

Parla la pianista ucraina Ielyzaveta Puzhko. Mamma russa, papà ucraino, perugina d’adozione

Musica come testimonianza di cultura e pacifismo. Parla la pianista ucraina Ielyzaveta Puzhko. Mamma russa, papà ucraino, perugina d’adozione. Vive in città col marito italiano e una bambina di tre anni.

L’Agimus di Salvatore Silivestro ha tenacemente voluto questo concerto di solidarietà all’Aula Magna di Palazzo Gallenga per bandire la guerra e ribadire profonda persuasione nei valori della musica. Valutazione e atteggiamento condivisi dal rettore Valerio De Cesaris che ha voluto presenziare all’evento.

Ielyzaveta ha un curriculum di rango ed è considerata una musicista straordinaria. Si è formata nel suo Paese ma ha poi spiccato il volo verso l’occidente.

Alla domanda sul perché abbia deciso di cambiare il programma di sala che prevedeva, fra l’altro, pagine di Debussy e Bizet, risponde:

“Ho voluto proporre compositori ucraini del Novecento, ciascuno dei quali racconta momenti, luoghi, periodi storici significativi del mio Paese. L’ultimo è Myroslav Skoryk, scomparso nel 2020”.

Le musiche che hai eseguito avevano tutte una coloritura fortemente drammatica. La scelta si lega alle traversie attuali del tuo martoriato Paese?

“Esattamente così. Non parlo di politica che non è di mia competenza. Mi limito ad esprimere il mio stato d’animo col linguaggio universale della musica”.

Quale la zona dell’Ucraina da cui provieni?

“La mia famiglia è del Donbass, dove avvengono i fatti più atroci. Sono cresciuta senza mai percepire la minima discriminazione. Non mi sono mai sentita diversa, né ho avvertito gli altri come tali. Siamo vissuti in pace e armonia”.

Quale la tua formazione?

“Ho frequentato scuole ucraine in cui il russo era materia d’insegnamento. D’altronde, con la mamma, anche in famiglia, ho sempre parlato il russo. Mentre col papà parlavo abitualmente ucraino. Una perfetta integrazione linguistica e affettiva. Mai avrei immaginato che sarebbe accaduto tutto questo”.

Come formazione musicale?

“Sono stata a Kiev per motivi di studio e poi di lavoro. La mia permanenza è durata nove anni in assoluta tranquillità".

Cosa sai dei tuoi che vivono in Donbass?

“Dal 24 febbraio non ho notizie dei nonni. Sono ben quattro giorni che non riesco a contattare i miei genitori”.

Cosa temi?

“So che la casa dei miei è stata colpita. Danni seri, ma non distruzione completa. Si spera di poter recuperare ciò che resta”.

Perché i tuoi non vengono qui in Italia, come hanno scelto di fare altri?

“Perché, se si lascia la casa e le proprie cose, è forte il timore di aver perso tutto e non poter tornare mai più. Sia i miei genitori che mio fratello non vogliono perdere le speranze”.

Ielyzaveta parla con le lacrime agli occhi. D’altronde, l’ultimo pezzo che ha eseguito in bis è la canzone popolare preferita dal nonno.

L’amore, la preoccupazione, la nostalgia si coltivano anche così: lasciando correre le mani sui tasti bianchi e neri. Mentre il cuore si riaccende alla speranza. Che vola alta.

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