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INVIATO CITTADINO Intervista a cuore aperto con Alessandro Benvenuti, in scena al teatro Mengoni di Magione

Il teatro, la pandemia, la famiglia, l’avventura esistenziale. Al Caffè del teatro, una chiacchierata ad ampio raggio, propiziata dal direttore artistico Gian Franco Zampetti

Intervista a cuore aperto con Alessandro Benvenuti, in scena al teatro Mengoni di Magione.

Il teatro, la pandemia, la famiglia, l’avventura esistenziale. Al Caffè del teatro, una chiacchierata ad ampio raggio, propiziata dal direttore artistico Gian Franco Zampetti.

Come nasce lo spettacolo?

“Da un diario quotidiano tenuto nel web durante il lockdown e declinato in 59 step, corrispondenti ad altrettanti giorni di clausura”.

Da questa esperienza è venuto lo spettacolo?

“Esattamente. Anche su richiesta di tante persone che mi seguivano”

Il pubblico come è venuto a conoscenza di queste tue riflessioni ad alta voce?

“Attraverso i buoni uffici di mia figlia Carlotta che è, diciamo così, la mia ‘social media manager’, fotografa, grafica, massmediologa… Suo anche il manifesto dello spettacolo” (che elabora e coniuga il ritratto dell’attore con una pagina del suo diario, una lacrima azzurra… e tanto altro, con effetto straordinario ndr).

Già, le figlie. Ne hai tre, se non sbaglio.

“Esattamente. Due hanno seguito, per così dire, l’estro artistico del padre. Carlotta, come ti ho detto, è grafica e creativa. Camilla è impegnata nel settore della produzione cinematografica. Collabora con figure come Sorrentino ed altre eccellenze del milieu nazionale. Teresa, la maggiore, opera con Medici senza Frontiere, settore risorse umane, e si trova attualmente in Congo”.

Come mai ti sei esposto in questo modo, conoscendo la tua riservatezza?

“La pandemia e il conseguente lockdown ci hanno imposto giorni di riflessione su noi stessi, sul nostro lavoro, sui rapporti interpersonali. Ci ha indotto a ripensare, rimettere in discussione. Mi viene da dire che questa sorta di impazzimento ci ha spinto a meditare su una vicenda di cronaca neuronale. Con esiti individuali e collettivi di sicuro interesse”.

Ha messo alla prova le nostre energie fisiche e mentali e anche i rapporti familiari, vero?

“Mi ha fatto capire, fra l’altro, che 33 anni di vita con mia moglie non sono un caso, ma il frutto di un rapporto solido, fondato su basi capaci di resistere alla ruggine del tempo edax rerum”.

Come ti sei posto rispetto alla malattia?

“Ci siamo beccati il covid mia moglie e io. Io ho avuto sintomi più leggeri, mentre lei è stata colpita con più severità. Ne siamo comunque usciti bene. Forse anche grazie allo stile di vita che ci siamo scelti”.

In cosa consistono queste scelte?

“Alimentazione sana. Vitamine, integratori sotto consiglio medico. Principii ayurvedici intesi come stile di vita e sistema comprendente aspetti di prevenzione, più che di cura”.

Nello spettacolo, anche se in forma divertente e autoironica, proponi uno sguardo di carattere autobiografico che muove dall’infanzia. Quasi una ricerca del fanciullino pascoliano che è in noi.

“Vero. La pandemia ha dato tempo per ripercorrere le tappe della nostra formazione [il chierichetto che mette bocca sul vin santo delle celebrazioni, le figure familiari…ndr]. Non un bilancio, ma un excursus per fare il punto su chi siamo stati e chi siamo”.

Insomma, un bilancio esistenziale?

“In un certo senso sì. E non è male fermarsi a riflettere per orientarsi. Meditare sul senso delle cose. Specie per un autore che si misura con l’esistente, con la propria e altrui umanità”.

E veniamo al teatro, che per te è un segmento importante della tua attività artistica

“La crisi in atto va superata. Occorre stringere i denti e fare qualche sacrificio, anche economico. La programmazione di nuove produzioni è per ora ferma. Investire in questo momento è poco ragionevole. Stiamo a vedere come butta. Però intanto ci muoviamo. L’inazione sarebbe esiziale”.

Hai verificato il calo delle presenze? Parlo anche al direttore artistico di due teatri.

“Il calo è un dato di fatto. Molti preferiscono non uscire, per paura, per disabitudine. Ma gli spettatori fedeli ci sostengono. Ci vorrà del tempo per tornare alle condizioni pre-pandemia. Ma dobbiamo farcela. Non solo per sopravvivere, ma per salvare cultura e civiltà”.

PS: Lo spettacolo è semplicemente strepitoso. Un’ora e dieci di divertimento e di riflessione. Si ride e non solo. Con una chiusa musicale in cui Alessandro stupisce. “Tu non pensavi ch’io loico fossi!”. Ma che Benvenuti fosse ‘anche’ musicista e “cantore” è cosa nota ai suoi fan.

Grazie a Benvenuti, come artista e come persona. “Persona” non come maschera latina. Ma individuo atto a smentire la volpe che, rivolta alla maschera tragica teatrale, esclamava “cerebrum non habet”. Perché Alessandro ha cerebrum e cor: endiadi indissolubile per un artista. Se è tale.

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