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Infermieri in sciopero anche a Perugia: "Applausi e pacche sulle spalle non ci aiutano ad arrivare a fine mese"

La protesta del NurSind venerdì (26 gennaio) con il presidio in Piazza Italia: "Non eroi ma professionisti, siamo una risorsa importante del servizio sanitario ma evidentemente non per il Governo e le Regioni"

Infermieri in sciopero contro il governo Draghi anche a Perugia venerdì (28 gennaio), con il NurSind Umbria che dà appuntamento alle ore 10 in Piazza Italia davanti a Palazzo Cesaroni, sede del Consiglio Regionale, per un presido che ricordi anche alle forze politiche regionali umbre i  motivi della protesta. "Gli infermieri scioperano - spiega il sindacato - perché credono che valorizzare la loro professione sia nell’interesse dei cittadini e che migliorarne le condizioni di lavoro migliorerebbe l’assistenza di tutti".

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I motivi dello sciopero

"Scioperiamo - spiegano dal Nursind umbria - perché:

1. Il governo Draghi non ha ritenuto di dare alcun segnale di vicinanza agli operatori sanitari (infermieri, ostetriche, OSS, professionisti sanitari), erogando già da questo mese le risorse stanziate a dicembre 2020. Il personale medico già da un anno ha giustamente ricevuto mezzo miliardo di euro, il restante personale sanitario e sociosanitario ancora nulla. Siamo i più esposti, garantiamo l’assistenza nelle 24 ore e siamo trattati come figli di un dio minore.

2. Le condizioni di lavoro sono diventate inaccettabili: spostamenti continui e improvvisi di reparto, ferie bloccate, nessun affiancamento per i neoassunti, montagne di ore di straordinario non pagato, nessuna quarantena per i contatti stretti, sempre sotto-organico, richiamati continuamente in servizio, i più colpiti dalla pandemia, i primi per i quali è stato deciso l’obbligo della vaccinazione per lavorare. Non abbiamo vita al di fuori del lavoro.

3. Abbiamo gli stipendi tra i più bassi d’Europa. In Italia il lavoro è da laureati mentre la paga è da diplomati.

4. Il peso della responsabilità che poggia sulle nostre spalle è sempre più gravoso. Andiamo al lavoro sapendo di stare fianco a fianco tutti i giorni con la morte. Ci sobbarchiamo a nostre spese l’assicurazione, la formazione e l’iscrizione all’ordine professionale. Non siamo eroi, siamo professionisti e rispondiamo direttamente per ciò che facciamo o non facciamo, ma nulla ci è riconosciuto rispetto a chi non ha le nostre stesse responsabilità e le nostre stesse angosce. Gli applausi e le pacche sulle spalle non ci aiutano ad arrivare a fine mese.

5. La nostra professione è così svalutata che sono pochi a volerla intraprendere e sono molti invece quelli che si sono stancati e l’abbandonano. Gli infermieri sono una risorsa rara. E non solo in Italia. Talmente ambiti che anche quelli formati dalle nostre università migrano all’estero, attratti da condizioni di lavoro migliori e stipendi più alti".

E ancora: "Vogliamo poter dare ai nostri assistiti il meglio di noi, della nostra professione. Per poterlo fare abbiamo bisogno di un corretto rapporto infermiere/pazienti (1 a 6 per i reparti ordinari) e di veder riconosciute e sviluppate le nostre competenze. Vogliamo poter svolgere l’attività libero professionale, superando il vincolo di esclusività di rapporto, e poter avere una carriera che premi le competenze specialistiche".

Le modalità della protesta

"Non vogliamo creare disagio ai cittadini più di quello che già stanno vivendo - proseguono dal sindacato -. Vogliamo però che tutti sappiano che gli infermieri sono una risorsa fondamentale per tutti i sistemi sanitari del mondo, ma evidentemente non per il nostro Governo e le nostre Regioni. Chi di noi può si ferma e sciopera, gli altri garantiranno i servizi essenziali, come sempre abbiamo fatto".

E ancora: "Confidiamo nel fatto che tutti coloro che hanno apprezzato il nostro coraggio e il nostro lavoro durante la prima ondata pandemica possano condividere le ragioni della nostra protesta. È proprio a loro che chiediamo un gesto di solidarietà, fermamente convinti che la società civile sia sempre molto più avanti di chi ci rappresenta nelle istituzioni e ben consapevoli del fatto che - concludono dal NurSind - migliorare le nostre condizioni di lavoro significhi migliorare l’assistenza di tutti".

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