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INVIATO CITTADINO La scrittrice mugnanese Marilena Menicucci dialoga con Irène Némirovsky

Evento voluto e organizzato dalla sezione perugina di FIDAPA, nella persona del presidente Laura Barese

Alla Sala Fiume di Palazzo Donini, Marilena Menicucci dialoga con Irène Némirovsky, scrittrice ebrea di origini Ucraine. La romanziera, vittima della Shoà, era all’anagrafe semplicemente Irina, nome che richiama la terra Ucraina, oggi travolta dalla tragedia immane della guerra. Tanto che la sua biografia assume un forte valore di contemporaneità.

Evento voluto e organizzato dalla sezione perugina di FIDAPA, nella persona del presidente Laura Barese.

Lo spunto è offerto dal bellissimo libro, in forma epistolare, pubblicato dalla scrittrice mugnanese per Gallucci.

Un ponderoso/poderoso saggio di circa 600 pagine. Che, oltre a una scrittura di qualità, ha almeno un altro pregio assai rilevante. E raro. Riconducibile alla capacità di dare corpo all’auspicio del filosofo Gian Battista Vico il quale sottolineava come si dovesse educare alla lettura, ossia alla topica, più che alla critica.

Ed è proprio questo l’input fornito da “Cara Irene”, il dialogo immaginario, ma non per questo meno ricco di pathos, instaurato da Marilena con una interlocutrice muta, che però parla attraverso la propria opera.

Per dire che, leggendo le pagine appassionate di questo saggio in forma di lettera, si viene presi dal desiderio di affrontare l’opera della prolifica autrice che ha lasciato tragicamente incompiuto “Suite Francese”, il libro suo, forse, più bello.

E Marilena riesce a declinare alcune tra le opere della Némirovsky con i passaggi significativi di una biografia, intrisa di sofferenza.

Anzi: la vita (per Irene) è irta di difficoltà e conflitti: personali, familiari, sociali, psicologici, economici, esistenziali. Una storia che costituisce a sua volta un libro di storia: dalla nascita al suo tragico epilogo. Incrociandosi con le grandi tragedie del Secolo Breve.

In questo contesto si è innestata l’affabulazione di Marilena Menicucci, raffinata e intensa, filosofica e idealistica, eppure straordinariamente ancorata alla psicologia femminile e alla realtà. Una sorta di “religio” filosofico-letteraria, quella di Menicucci. Per insegnarci che la letteratura, come la “religione”, è connessa con RES + LIGO. Ossia è legata alle cose umane, alle tragedie, ai rari squarci di felicità che ci toccano da quando siamo venuti a questo mondo. Senza capirne le ragioni, senza conoscerne gli esiti. Ma forse è proprio l’ignorare “il come e il quando” che costituisce la forza dell’avventura esistenziale. Per raccogliere gli ultimi frammenti di vita, sorrisi e lacrime, luci e speranze. Prima che scenda la sera. E che anche noi, come il grano maturo per la falce, andiamo a cercare/creare le condizioni perché la vita possa continuare. In altre forme e per altri. Domani e sempre. Senza lacrime né tristezze.

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