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INVIATO CITTADINO Palazzo della Penna: inno futurista a Perugia

Fra parole dottoriane e musiche di UmbriaEnsemble

Palazzo Della Penna. Inno futurista a Perugia, fra parole dottoriane e musiche di UmbriaEnsemble. Un evento con carattere di eccezionalità. Per equilibrio delle parti, capacità interpretativa e qualità di proposta. Oltre che vicinanza spirituale e congruità materiale fra i contenuti e la strepitosa raccolta di opere del Maestro dell’aerofuturismo.

Il “concerto dell’alba” – rinviato per avversità meteo – è divenuto “di mezzogiorno”, come quelli spoletini. E se è vero che il numero 7 osteggia e mina la solidità del matrimonio, in questo caso abbiamo verificato, all’inverso, che la settima edizione dell’iniziativa (“Concerti all’alba”) ne ha guadagnato in solidità. 

FOTO - Palazzo Della Penna. Inno futurista a Perugia, fra parole dottoriane e musiche di UmbriaEnsemble

 

(foto esclusive Sandro Allegrini)

Su UmbriaEnsemble (Angelo Cillini e Cecilia Rossi, violini; Luca Ranieri, viola; Maria Cecilia Berioli, fenomeno parlante in note e parole acconce) non resta da dire né da suonare il violino. Con gli strumenti a corda ci pensano da soli. L’Inviato Cittadino, ex chitarrista da strapazzo, non è degno di girar loro le pagine.

Racconti brevi su vite e personaggi, presentazione “Dieci favole morbide”

Molto resta invece da dire su Domenico Benedetti Valentini che abbiamo già conosciuto in veste di senatore della Repubblica, di fine analista politico, di raffinato narratore e perfino di regista teatrale. Stavolta lo abbiamo apprezzato, nei panni di attore, affabulare interpretando scritti dottoriani. Selezionati dagli Archivi Dottori, figli e figliocci dell’impagabile Massimo Duranti. Domenico ci ha aiutato a ricostruire il versante critico-letterario di un artista, capace di tenere in una mano la penna e nell’altra il pennello con straordinaria versatilità. Parlasse di correnti o di tendenze o elogiasse la Luna della quale i suoi colleghi avevano fatto strame, decretandone la morte, insieme a quella di Venezia, dei Musei e Conservatori. Come di tutto quanto sapesse di Accademia. Eppure Dottori è poetico, perfino lirico.

Domenico ha interpretato con estrema (studiata) naturalezza, alternandosi e integrandosi coi pezzi di musica futurista. Invero, tutt’altro che esaltanti, ma di sicura documentazione storica, con tendenza alla rottura di schemi e stilemi di ascendenza borghese.

Abbiamo sentito (con insofferente sofferenza) un ‘Andante’ di Mossolov del 1926, un ‘Giallo Pallido’ di Balilla (nomen omen?) Pratella, un ‘Pause del Silenzio’ di Malipiero. Pezzi e musicisti che la nostra imperizia ci portava ad ignorare. Fortunatamente.

Ma abbiamo anche amato una prima edizione assoluta (‘Sunrise’ del 2021) di Fabrizio Volpi, appositamente scritto per UmbriaEnsemble. Ha riportato armonia ed equilibrio in un concerto di provocatoria rottura in cui si è sentita anche la campana (sempre meglio dell’incudine di altre volte), suonata a ritmici cenni del capo dell’impeccabile Berioli.

Tutto bene, che dire di più? Di più c’è da citare, e tenere nei precordi, il verbo dottoriano, quando dice: “…a Perugia si sta bene. C’è un bel vento puro che spazza i polmoni e lucida le strade e un gran silenzio che permette di sentire meravigliosamente tutto il dinamismo della natura”. Più musica della musica. E ci è venuto in mente il vento che scompiglia i capelli della Laura di Petrarca, il vento che scende da Porta Sole nella pagina di Binni. E quello (chiamato “majalone”), che solleva le gonne all’Arco Etrusco e in Via dei Priori. Ci è venuto quel nodo in gola che spesso ci sentiamo quando si parla della nostra città.

Perugini a Perugia. In quel paradiso della Cultura che Leonardo Varasano tiene vivo e vivace.

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