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Festival del Giornalismo: cosmopolita, sempre più partecipato. "Non ci bastano più gli spazi"

Il bilancio degli organizzatori, Arianna Ciccone: "Edizione all'insegna del coraggio che ispira Perugia e tutto il mondo". Appuntamento dall'1 al 5 aprile con la speranza di poter utilizzare di nuovo il teatro Pavone

Sempre più internazionale, il Festival del Giornalismo di Perugia, che chiude l'edizione 2019 con un bilancio positivo e un pensiero alla prossima edizione: gli spazi per gli eventi. La risposta del pubblico, ha sottolineato Arianna Ciccone triando le somme dei cinque giorni, ha preso positivamente in contropiede l'organizzazione. Un'affluenza così consistente agli incontri, anche quelli meno "sospetti", da rendere necessario rivedere le location e le assegnazioni per la prossima edizione, già prevista dall'1 al 5 aprile. "Contiamo sul Pavone, ma non so se basterà".

Individuate le questioni di logistica su cui si lavorerà nei prossimi mesi, Arianna Cicone e Chris Potter sono soddisfatti, tanto per la partecipazione, quanto per il contenuto di appuntamento che è diventato nel tempo una comunità che si ritrova a Perugia.

"Quest’anno il Festival ha raccontato il coraggio attraverso storie di persone non hanno avuto paura di sporcarsi le mani e hanno messo la loro vita e la loro intelligenza al servizio degli altri e della verità. Il coraggio di Maria Ressa che nelle Filippine con il suo giornalismo investigativo sfida il governo autoritario di Duterte e, nonostante gli otto arresti e le tremende pressioni ricevute, continua a mettersi al servizio della sua comunità; di Matthew Caruana Galizia che cerca la verità sull’omicidio della madre, la giornalista Daphne Caruana Galizia uccisa nel 2017; di David Hogg e Jaclyn Corin, gli adolescenti sopravvissuti alla strage di Parkland e che con il loro movimento di massa March for our lives lottano per cambiare la legge sul possesso delle armi e non si arrendono all'odio; quello di Oscar Camps direttore e fondatore dell’ONG Open Arms che negli ultimi anni ha salvato oltre 60mila vite umane salvate nel Mediterraneo; e di Rana Ayyub la giornalista investigativa indiana che ha rivelato le collusioni di due importanti uomini indiani, Narendra Modi (attuale presidente dell'India) e Amit Shah e che per questo motivo è stata bersagliata online con allusioni totalmente false.

E ancora, il coraggio dei giornalisti e delle istituzioni che vivono sotto scorta e continuano a indagare su chi li minaccia e dello scrittore Roberto Saviano che ha salutato così il Festival: 'Solo qui incontro tutti questi giovani. Riparto da Perugia con un senso profondo di speranza'".

“Quest'anno, più del solito, siamo stati fermati per strada dal pubblico, italiano e straniero, che ci ha più volte ringraziato per la possibilità di scambio, anche umano, fra comunità diverse di tutte le età e con differenti interessi” racconta ancora Arianna Ciccone.

Il pubblico del Festival è cambiato, dice, "sempre più giovane, sempre più cosmopolita. Perugia è stata la destinazione di tantissimi giornalisti di testate internazionali – tra cui Reuters, Bloomberg, Politico Europe, Guardian, NBC – a conferma del valore formativo e costruttivo del Festival, evento ormai irrinunciabile per chi fa del confronto la chiave di crescita professionale e personale.

"Tantissimi i cittadini che hanno partecipato in massa agli eventi per capire e riflettere. Lunghissime le file per Oscar Camps, ma anche per Nicola Gratteri che ha parlato di lotta alla ‘ndrangheta. Per Domenico Iannacone che ha parlato di sociale a una sala attenta e gremita. Per Veronesi e Albinati e le loro letture sull'odio.  È stato un Festival sui diritti, sulla condivisione, sulla visione di società aperta solidale che vede i cittadini camminare insieme per le conquiste di tutti per una società più giusta e gentile. Citando Gipi, che al Festival ha partecipato a un dibattito molto emozionante e molto seguito sulla satira: "Se lo spirito di un ragazzo verte alla bontà invece che alla crudeltà può essere merito solo della bellezza, non della critica sociale, ma del contatto con la bellezza e la bontà di altre persone"'.

La formula del Festival di quest'anno è stata coraggiosa e ha funzionato dimostrando che certe cose si possono fare. Si può organizzare un Festival con più di 300 eventi e 760 speaker da ogni parte del mondo, sottolinea ancora la fondatrice - Si può fare un festival perfettamente bilanciato tra uomini e donne tra i relatori, come ha riconosciuto anche Michela Murgia in un estratto di un suo tweet: 'A Perugia le speaker di #ijf19 erano il 49% del totale. Allora si può”. Si può fare un festival in cui parlare di diritti, di minoranze, di migrazioni, di blockchain, di intelligenza artificiale, di cambiamento climatico e avere le sale piene. Si può fare tutto questo in Italia, a Perugia, e lo faremo di nuovo".

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