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#FerroGommaShow - BRT: sarà il rilancio del trasporto pubblico perugino?

Il BRT è il punto di incontro tra un tram, una metropolitana ed un normale autobus. Può essere la bacchetta magica per tutti i mali della mobilità cittadina?

Il capoluogo umbro non è certo famoso per l’affezione verso i mezzi pubblici. D’altronde nemmeno la gestione dei mezzi pubblici non ha mai del tutto convinto. Progetti faraonici, come il MiniMetrò, hanno affiancato buone idee, come il sistema di fermate metropolitane di Perugia e del suo hinterland, perseguite però senza la dovuta convinzione. Nel mezzo una gestione opinabile sia delle linee urbane su gomma, che dei parcheggi di interscambio tra vettori diversi. I mali di 20 anni di mancata progettualità hanno portato ad una città disaffezionata al mezzo pubblico, ma che spende in questo settore quanto città di dimensioni ben maggiori, senza che vi siano reali benefici per l’utenza.

Eppure le cose potrebbero presto cambiare. Durante la conferenza programmatica per le comunali 2019, il sindaco uscente, Andrea Romizi, ha illustrato in anteprima quello che sarà il nuovo asso del tpl perugino: il Bus Rapid Transit (BRT).

Che cos’è il BRT? Semplicemente il punto di incontro tra un tram, una metropolitana ed un normale autobus. Può essere la bacchetta magica per tutti i mali della mobilità cittadina? Sicuramente no, ma altrettanto sicuramente rischia di porre le basi per un netto cambio di tendenza nel modo di concepire i trasporti in città.

Come ci potrebbe riuscire? Si tratta in sostanza di un vettore caratterizzato da grandi autobus metropolitani articolati circolanti su un sistema di corsie preferenziali ad essi riservato. Tale sistema, che dovrebbe costituire un sottoinsieme stradale isolato per la maggior parte del suo percorso, dovrebbe garantire un’elevata frequenza di servizio, simile a quella di tram e metro (nell’ordine dei 10 minuti), ma unite ai costi infrastrutturali nettamente inferiori di un autobus.

Del resto il sindaco uscente ha chiaramente parlato di un sistema che “non costringerà più i cittadini a rincorrere l’orario dell’autobus, ma consentirà loro di potersi recare a qualunque ora del giorno presso le fermate ed essere certi che l’autobus arrivi in tempi brevissimi”.

Analizzando il percorso fino ad oggi oggetto di progetto si può constatare che il BRT dovrebbe collegare la popolosa periferia residenziale di Castel del Piano con l’altrettanto popolosa San Sisto, passando per la più grande delle aree industriali cittadine, cioè quella di Strozzacapponi. Da San Sisto, il percorso del BRT dovrebbe interessare il complesso ospedaliero del Santa Maria della Misericordia, attraversandolo in tutta la sua estensione, per raggiungere il quartiere di Case Nuove, per poi scendere toccando Ponte della Pietra, e raggiungere infine il capolinea intermedio della stazione FS di Fontivegge, percorrendo tutta la zona commerciale di via Settevalli.

Oltre Fontivegge l’obbiettivo sarebbe quello di portare il BRT fino a San Marco, interessando così anche i popolosi quartieri di Elce e Santa Lucia, costituendo un raccordo ideale con i vicini poli universitari. Questa seconda parte del progetto BRT è però ancora in fase assolutamente preliminare, come sottolineato anche dal sindaco Romizi.

Ma non si tratta solo di grossi autobus che percorrerebbero zone densamente popolate della città con frequenza da metropolitana. Il BRT porta con sé un importante valore aggiunto: il ripensamento di buona parte della mobilità dei luoghi attraversati. Come già accennato il nuovo vettore della mobilità cittadina necessiterebbe di apposite corsie riservate. L’occasione del BRT è stata propizia per proporre finalmente la realizzazione di tutte quelle varianti stradali che, in molti casi, i residenti chiedono da anni. Ecco che tra Castel del Piano e l’area industriale di Strozzacapponi non ci sarà più la strettoia obbligata della Pievaiola, ma si dovrebbe provvedere a realizzare una apposita bretella per decongestionare il traffico, e nel contempo, per isolare il sistema BRT. Ancor più profondi dovrebbero essere gli interventi nel quartiere di San Sisto, con tanto di ampie piste ciclabili, anch’esse separate dalla sede stradale, e perfino di una ZTL, che isolerebbe alcune zone dal traffico veicolare di passaggio nel quartiere.

A Fontivegge invece dovrebbe nascere una fermata che sarà anche l’occasione per riqualificare il sottopassaggio della stazione ferroviaria, senza che ciò pregiudichi futuri potenziamenti della stazione ferroviaria. In programma ci sarebbe un aggiornamento dei dispositivi di sicurezza del sottopassaggio, da eseguirsi di pari passo con l’abbattimento delle barriere architettoniche che attualmente costituiscono un vero e proprio ostacolo all’interscambio tra vettori a Fontivegge. L’interscambio tra il BRT e gli altri vettori pubblici promette di essere particolarmente funzionale nel caso del MiniMetrò. Le elevate frequenze di servizio dei due sistemi li renderebbero infatti potenzialmente l’ideale prosecuzione l’uno dell’altro. Il “Brucomela” perugino, grazie anche alla sua ascesa in linea diretta e quasi retta verso il centro cittadino, potrebbe così garantire un trasporto rapido ai passeggeri del BRT, proteggendo nel contempo la parte storica di Perugia da ulteriori aumenti di traffico e da interventi potenzialmente invasivi di modifica della viabilità.

Il BRT così strutturato dovrebbe contribuire alla riduzione del traffico veicolare in due modi. Da una parte l’attrattiva di un servizio ad alta frequenza è ormai un plus che in tutto il mondo ha dimostrato la propria validità. Ma se questa formula non fu a suo tempo sufficiente per rendere attrattivo il MiniMetrò, il BRT rilancia il proprio appeal presso l’utenza andando a prenderli direttamente fin quasi sotto casa, come farebbe un normale autobus. Infatti è ben noto che i residenti dei quartieri interessati dal futuro passaggio del BRT utilizzino ad oggi il mezzo privato proprio perché il mezzo pubblico non garantisce né puntualità, né flessibilità d’orario, né tanto meno un servizio efficace, dal momento che ritrovarsi imbottigliati nel traffico, può comportare la perdita di coincidenze con altre linee urbane, o con il vettore ferroviario. A quanto sopra va poi aggiunto il semplice fatto che distanze percorribili in pochi minuti con l’auto privata, diventano viaggi di durata tripla o quadrupla con i normali autobus oggi impiegati; il che li rende poco appetibili per un utenza ormai sempre più caratterizzata da ritmi frenetici.

Il secondo modo in cui il BRT promette di portare una sostanziale riduzione del traffico, e lo snellimento dello stesso, sarà essenzialmente grazie alla sua mera esistenza. Nelle zone interessate dal BRT, quest’ultimo andrebbe a sostituire i normali autobus urbani. Cosa significa? Anzitutto niente più code dietro a lenti ed ingombranti autobus. In secondo luogo una circolazione più regolare grazie a semafori che dovrebbero garantire la gestione dei flussi di traffico ove il BRT dovesse incrociare la normale viabilità.

Ma non si potrebbe pensare il sistema BRT per i normali autobus attualmente circolanti? La risposta è che farlo sarebbe evidentemente un depotenziamento della rapidità del servizio e soprattutto dell’incisività nella riduzione delle emissioni inquinanti. Gli autobus articolati del servizio BRT dovrebbero essere infatti dotati di potenti motori elettrici per non contribuire essi stessi all’inquinamento dell’aria. I vantaggi della maggior coppia motrice del motore elettrico sarebbero poi ben più efficaci nel garantire interessanti accelerazioni, e quindi elevate medie commerciali. Mentre presso le fermate, che dovrebbero essere contraddistinte da Wi-fi e dispositivi informativi di infotainment a disposizione dell’utenza, il mezzo eseguirebbe la ricarica ultra rapida delle batterie di bordo mediante un pantografo estraibile.

Tutto bello dunque, ma quanto costa? Tutto il progetto dovrebbe attestarsi su una spesa preventivata in circa 65 milioni di euro, e dovrebbe interessare qualcosa come poco meno di 118.000 abitanti residenti lungo il suo percorso. Praticamente il nuovo vettore pubblico arriverebbe ad offrire un capillare servizio a circa il 71% della popolazione cittadina, secondo le stime redatte dall’ingegner Ciurnelli per conto del Comune di Perugia.

Di sicuro non sono pochi soldi, ma a differenza di altri progetti del passato, questa volta sembrerebbe proprio che la direzione sia quella giusta, se non altro perché finalmente, per la prima volta, si è deciso di abbandonare la visione di vettori a se stanti, ai quali era l’utenza a doversi adattare, per abbracciare un modello di mobilità condivisa che ha nell’alta frequenza, nella capillarità del servizio e nell’interscambio rapido tra vettori dei punti innegabilmente attrattivi e qualificanti. Senza contare che è giunta l’ora che Perugia perda il suo poco invidiabile primato di città ove la motorizzazione privata regna sovrana, purtroppo, quasi per necessità.

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