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L'architettura del ventennio a Perugia, tra fasci rimossi, dimenticanze e restauri con polemica

Viaggio tra i vicoli della città alla scoperta dei segni del tempo sulle pietre tra politica, storia e architettura

Le tracce dell'architettura fascista in città non sono molto visibili, ma ci sono. Si tratta di poche costruzioni e di tanti frammenti che si possono scovare girando per Perugia, a partire dalle case popolari in via Calindri per arrivare ai palazzi in via Birago, fino alle villette di via Annibale Vecchi e di via Orazio Antinori, per proseguire con alcune scuole o opere pubbliche come il Santa Giuliana (1937 architetto Giuseppe Lilli) e quello che resta del Parco della Vittoria oppure le decorazioni dell’aula magna di Palazzo Gallenga. Anche il monumento al Perugino, ai giardini Carducci, fu realizzato nel 1923 da Enrico Quattrini e la fontana in via Maestà delle Volte nel 1927. Da ricordare anche la statua della Vergine della Provvidenza sulla facciata del duomo (ai cui piedi c’è ormai uno scudo con un fascio abraso) e il monumento al fante a Sant’Ercolano, opere di Aroldo Bellini. Il sanatorio dell’ex Grocco è stato costruito tra il 1932 e il 1935, mentre la chiesa di San Sebastiano alla Conca è del 1929.

Poi ci sono le tracce scomparse (o ricomparse come il fascio al Mercato Coperto, costruito nel 1932 e che tante polemiche sta destando), oppure sempre il fascio littorio, scalpellinato, in via del Mercato coperto sull'imbocco della fognatura che scende dall'ex ospedale di via Oberdan. Oppure l'altro fascio littorio che si vede ancora sul frontale dell'ex deposito comunale in via del Melo. Il simbolo del fascismo era visibile anche sotto la terrazza Lilli, incorniciato nelle panoplie sul lato che dà verso la ex Fcu. L'area del cinema Lilli e dei palazzi vicini risente molto dell'influenza architettonica del periodo, come ben evidenziato da Paolo Belardi nel volume Architettura moderna in Umbria, edito dall'Orfini Numeister, nel quale si ritiene che l’architettura del ventennio abbia avuto un impatto modestissimo a Perugia, in quanto la città impedì la contaminazione del suo centro storico. Non si può parlare di architettura fascista per il restauro del San Francesco al Prato (1926) o la nuova facciata della chiesa del Gesù (1934) oppure per la facoltà di Veterinaria (1925), ma anche lì c’erano dei segni che rimandavano al regime come promotore del restauro.

Poi ci sono i segni scomparsi. È il caso della lapide che ricordava la partenza della marcia su Roma, il 28 ottobre dall'albergo Brufani. Una targa ricordo era stata posta sulla facciata dell'albergo, ma dopo la guerra venne tolta, spezzata e poi è sparita. Forse distrutta. Ancor più certamente gelosamente custodita in casa da qualche appassionato di storia.

Un'altra lapide, anzi un bassorilievo, si trovava presso la Casa del Fascio (anche se una vera Casa non ci fu mai). "Tornati in via Oberdan, al n. 50, troviamo quella che fu la sede del Partito Fascista. Nonostante fosse stata la 'capitale della rivoluzione' (ché la marcia su Roma partì proprio da qui), Perugia 'non ebbe mai una Casa del Fascio vera e propria e degna di tal nome: quella Casa che pur si fece ovunque, in ogni città, ogni paese, ogni contrada'. I gerarchi locali si dovettero accontentare d'un appartamento in affitto. 'in seguito per nobilitare un po' l'ambiente, il corridoio d'ingresso a pianoterra - là dove s'apriva una porta che dava su uno sgabuzzino, forse una legnaia - fu eretto il 'Sacrario dei Caduti' con la fiamma votiva, il tumulo ed il marmo. Era molto scuro e molto tetro: vi si vedeva poco ed, ancor più che solenne, era funereo. In ogni caso non era quello il posto adatto ad un Sacrario degno di rispetto" (a cura di Luciano Zeeti, Mauro Pianesi, Marco Vergoni, Perugia altri itinerari, Ali&no, 1998). Una quindicina di anni fa la struttura fu interessata da lavori di risistemazione (è di proprietà del Comune con alloggi a canone concordato), e quando si apriva il portone il bassorilievo era lì. Adesso non c'è più. Sparito con i lavori? Gettato via o conservato in un magazzino? Sarebbe il caso di fare una ricerca tra le proprietà comunali.

Le statue che adornano il Frontone sono tutto ciò che rimane del Parco della Vittoria, "un grandioso campo polisportivo progettato dal fascismo per assolvere al 'debito di riconoscenza verso i gloriosi caduti della Grande Guerra. Fu costruito un belvedere sotto alle palazzine Biscarini, in via Masi, con sotto un'esedra e alberi, siepi, panchine. Le statue (forse: pittura, scultura, architettura, oreficeria, ceramica, arti decorative?) si affacciarono per un po' su piazza d'Armi, mentre i lavori rallentavano piano piano fino a bloccarsi definitivamente perché 'la spesa minacciava in definitiva ad ascendere ad oltre il milione e mezzo' e le casse del Comune versavano in cattive acque. Finita la guerra, l'aborto di parco fu cancellato e le statue finirono" all'ombra degli alberi del Frontone. Le statue erano collocate in una sorta di ninfeo realizzato tra l'attuale Procura e il San Gallo. Una delle sculture imbraccia ancora un fascio littorio, depauperato dell'ascia.

Via dell'Aquila, in cima al colle di Porta Sole, è la strada più alta della città, primo nucleo dell'acropoli, la zona sacra antica, il luogo dove l'abate di Gerardo de Puy fece costruire il forte di Monmaggiore (poi demolito dai perugini, ai quali non piacciono le fortezze quando sono imposte o non le costruiscono di propria iniziativa). "All'inizio di questa via, sulla destra, è la torre del 'conservone' dell'acqua, in cima alla quale sono gli strumenti di osservazione meteorologica. Durante l'ultima guerra vi fu posta anche la sirena d'allarme che annunciava gli attacchi aerei. Ai lati della porta d'ingresso della torre sono un Grifo ed un Fascio, con l'anno di costruzione: XI (1933)" (Maria Rita Zappelli, Caro viario, Guerra edizioni, 1999).

Nella zona di Porta Pesa, in via Brunamonti e in via Pinturicchio, ci sono due strutture, le uniche di una certa grandezza, che fanno riferimento all'architettura di regime. La prima è la scuola elementare 'Ciabatti-Montessori', davanti alla quale c'è un cedro del Libano centenario.

"All'inizio della via, presso Porta Pesa, è un grande edificio scolastico di epoca fascista (1933), oggi scuola elementare 'P. Ciabatti' (e Montessori, ndr), costruito secondo criteri igienici e funzionali considerati molto all'avanguardia per l'epoca" (Zappelli, Caro viario). Il complesso scolastico venne inaugurato il 28 ottobre 1933, anniversario della marcia su Roma, con il nome di 'Scuola del Littorio', con 18 aule con una capienza di 50 alunni ciascuna. Fu selezionata per rappresentare l'Umbria alla rassegna di 'scuole fasciste' organizzata dalla Consociazione turistica italiana (l'allora Touring club italiano) perché dotata "dei più moderni impianti igienici e di riscaldamento, di sale di riunione e di refezione" (Pianesi-Vergoni, Perugia altri itinerari).

La sede dell'attuale scuola media 'Ugo Foscolo', in passato, aveva ospitato, nel periodo fascista, l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (Onmi, ancora ben visibile sull'arco di ingresso) e l'Opera nazionale del dopolavoro. Qui si tenevano le adunate del 'sabato fascista' e si preparavano e si distribuivano i pacchi per la 'Befana fascista'. La ringhiera di ferro che si trova al secondo piano era decorata con dei piccoli fasci saldati alle sbarre.

Accanto alla chiesa di Sant'Ercolano una porta di metallo chiude l'ingresso al rifugio antiaereo la cui realizzazione inizia nel 1940. Un lungo cunicolo con quattro diramazioni rivestito di mattoni rossi, con panche ai lati per sedersi, i servizi igienici e l'illuminazione. Mancava il sistema di aerazione e di uscite di sicurezza. Poteva ospitare fino a 300 persone. Dai pochi studi fatti avrebbe potuto resistere a bombe di 500 chili, peccato che nella seconda guerra mondiale gli ordigni pesassero tonnellate. L'ipotesi sull'uso del rifugio è che fosse riservato ai rappresentati pubblici. Ipotesi corroborata anche da una scala che si inerpica sotto via Marzia fino a raggiungere (anche se non v'è certezza in quanto il percorso è inesplorato) il palazzo della Prefettura, all’interno del cui cortile ci sono le lapidi che ricordano i caduti della Grande Guerra, apposte durante il ventennio.

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