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INVIATO CITTADINO La Famiglia Perugina festeggia la ricorrenza delle sculture di Arturo Checchi

“Un argine alla smemoratezza dominante”, così l’assessore alla Cultura Leonardo Varasano definisce l’instancabile attività della benemerita associazione cittadina, presieduta da Giovanni Brozzetti e da Letizia Magnini

La Famiglia Perugina festeggia la ricorrenza dell’apposizione delle sculture di Arturo Checchi al centro delle due fontane di piazza Italia. “Un argine alla smemoratezza dominante”, così l’assessore alla Cultura Leonardo Varasano definisce l’instancabile attività della benemerita associazione cittadina, presieduta da Giovanni Brozzetti e da Letizia Magnini.

Ad aprire l’incontro (tenuto alla Sala Partecipazione di Palazzo Cesaroni) è proprio la figlia del grande Dante perugino, “poeta della città”, come lo definisce lo storico dell’arte Mimmo Coletti.

“Il 4 luglio di 44 anni fa – esordisce Letizia – l’evento di cui oggi celebriamo la ricorrenza”.

Poi, scorrendo le pagine di giornale e 22 magnifiche incisioni di Arturo Checchi, ripercorre le tappe di quel dono generoso e ricorda la diatriba sulla collocazione delle opere.

“Zena Fettucciari, moglie di Checchi, le voleva ai giardini Carducci, dove l’artista si recava volentieri a leggere il giornale e a stilare snelli disegni di varia umanità”. Alla fine – in carica il sindaco Mario Caraffini – si decise per l’attuale collocazione: la Sirenetta davanti a Palazzo Cesaroni, la bambina al sole (che poi era la nipotina di Zena) davanti a Palazzo Donini.

Raffinata ed esaustiva la conversazione di Mimmo Coletti che racconta Checchi pittore, grafico, scultore, scrittore, “poeta dei tetti di Perugia”, come ricorda la lapide sulla casa in cui visse, in via Ulisse Rocchi, poco sopra l’Arco Etrusco. “Tetti simili a quelli raccontati da Walter Briziarelli”, azzarda l’Inviato Cittadino, suscitando il consenso della figlia Giuliana, tenace custode della memoria di Walter, che fu grande disegnatore, braccio destro di Umberto Calzoni, fondatore del Museo Archeologico.

Leonardo Varasano loda la “passione della memoria” dell’Associazione e raccoglie l’assist offerto da alcuni dei presenti, fra i quali quello di Chiara Maddoli, figlia di Giorgio, che di Checchi fu allievo e nei cui muti paesaggi se ne rintraccia il magistero.

Si farà una grande mostra, raccogliendo le opere di Checchi sparse in tante case perugine e cercando la collaborazione col museo della natia Fucecchio, terra di toscanacci come il compaesano Indro Montanelli che di Checchi fu sodale, sebbene di un ventennio più giovane.

Poi tutti ai giardini di piazza Italia a vedere le targhe apposte dalla Famiglia Perugina. Contengono nome dell’autore, data di nascita e di morte, datazione dell’opera e la scritta “Donata alla città da Zena Fettucciari Checchi nel 1975”.

Un solo cocente rammarico. La vedova propose di donare al Comune di Perugia tutte le opere, a condizione che fossero degnamente esposte e conservate. La risposta fu “Non abbiamo dove metterle”. Ora quelle opere, vendute e smembrate, stanno chissà dove. Una collezione dispersa. Una pagina nera per la cultura cittadina. Una vergogna per l’ottusità della politica politicante.

Ma valga a consolarci la constatazione che ieri è stato decisamente un bel pomeriggio di cultura, arte e identità. Un ottimo viatico per la gestione, nel prossimo quinquennio, della cultura cittadina.

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