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Disuguaglianze socio-culturali e bisogni educativi nell'emergenza sanitaria, l'impegno di Polis

Il progetto "ABC bambini bene comune" si pone come obiettivi il contrasto delle disuguaglianze, la tutela del diritto all’educazione e le pari opportunità educative

Disuguaglianze socio-culturali, questioni educative e pari opportunità, l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha ampliato il divario tra le classi sociali e i territori. E la sfida di Polis cooperativa sociale e il progetto “ABC bambini bene comune” si è fatta più ardua, ma ancor più stimolante.

“ABC bambini bene comune è un progetto realizzato con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia nell’ambito del bando Welfare 2019 che vede come capofila Polis cooperativa sociale in partenariato con l’associazione La Compagnia di re Artù, Comune di Valfabbrica, Istituto Comprensivo San Benedetto Valfabbrica e il coinvolgimento dei Comuni di Sigillo, Scheggia, Costacciaro.

Polis cooperativa sociale ha organizzato un forum telematico per parlare di comunità educante e welfare generativo, partendo proprio dall’esperienza di “ABC bambini bene comune”.

Il progetto si poneva come obiettivi generali il contrasto delle disuguaglianze socio-culturali e territoriali, la tutela del diritto all’educazione e le pari opportunità educative, poi è arrivato il Coronavirus è l’obiettivo è cambiato, è diventato quello di ricostruire legami sociali ed emotivi contro gli effetti negativi del Covid19. E quali sono state le azioni per affrontare questa situazione?

“La pandemia ha sicuramente accentuato le disuguaglianze nei territori e con le restrizioni abbiamo dovuto reinventare e rimodulare l’intero progetto, tenendo ben presente che la famiglia costituisce un avamposto nella battaglia che stiamo conducendo e, quindi, è necessario fornire alla famiglie e alla realtà territoriali, un’esperienza educativa che in momenti di crisi così forte possono trasformarsi in opportunità – dice Barbara Baffetti, pedagogista - Ci siamo resi conto che era necessario rispondere ai bisogni manifestati dai bambini in questo periodo e questa è il nostro primo impegno”.

Un patto educativo che coinvolge il territorio, le famiglie, la scuola, le istituzioni e il mondo del volontariato, è ancora possibile e necessario in questo contesto sanitario e sociale? Come sviluppare e realizzare un presidio sociale a sostegno delle famiglie, dell’infanzia e della genitorialità?

“Quando abbiamo iniziato a pensare al progetto avevamo in mente come potenziare il presidio sociale. Ora più che mai è necessario, oltre che possibile, rinforzare e rinsaldare il patto famiglia-scuola-istituzioni, lo è perché tutte le istituzioni hanno il dovere di intervenire sulle criticità – afferma Patrizia Targa, educatrice - Trasformare la crisi che ha ampliato e manifestata la povertà educativa di famiglie e ragazzi, può diventare un’opportunità, una chiave di volta per immaginare e ricostruire un modello nuovo di comunità educante. Non si tratta di tamponare le criticità, ma di sperimentare e creare un percorso per il futuro, ripensarci e ridefinirci. Finora l’idea di comunità, dove tessere relazioni, era legata al contatto fisico, la pandemia ci ha costretti ad utilizzare anche gli strumenti digitali e a stabilire un nuovo modo di stabilire relazioni. Anche se a distanza la relazione è necessaria e va mantenuta costante. C’è bisogno di apparire sempre presenti e in grado di dare risposte. Non si tratta di una soluzione estemporanea, ma un modo nuovo di affrontare i problemi: abbiamo scoperto che la pagina Facebook può servire per veicolare contenuti, che grazie al potenziamento degli strumenti si può portare avanti il filo della narrazione e sostanziare la relazione con i ragazzi e fornire strumenti ai genitori. La comunità educante si sdoppia e oltre a rimanere presente nella realtà va ad occupare importanti spazi nel web. Adesso occorre stilare un nuovo patto tra tutti i protagonisti per far funzionare meglio questo sistema”.

Tra gli strumenti privilegiati ci sono la narrazione e la drammatizzazione, come utilizzarli per ricostruire quel legame di relazione sociale ed emotiva che è mancato ai bambini durante la chiusura delle scuole e in questo momento particolare?

“La narrazione è un elemento fondamentale, soprattutto in questo progetto, perché fornisce argomenti importanti a partire dal luogo dove ritrovarsi per raccontare storie e favole. Se all’inizio del progetto il messaggio era che attraverso la storia si creano legami, questo è sembrato diminuire a causa del Covid, ma grazie ai nuovi media abbiamo portato la narrazione in altri spazi, riuscendo a comunicare in maniera specifica: abbiamo dato spazio e tempo alle emozioni, ai valori, alle esperienze personali legate al momento storico, quindi paura, ma anche fiducia, abbiamo mantenuto una rete aperta con i bambini – ricorda Massimo Presciutti, educatore - Anche con le storie da remoto abbiamo trasmesso ugualmente valori educanti. Questo vale anche per le famiglia, perché i bambini hanno riportato all’interno del nucleo familiare le loro esperienze, hanno condiviso con genitori e parenti quanto sperimentato. A loro volta hanno proseguito a narrare le storie e le emozioni”.

L’aggregazione e la relazione interpersonale sono i punti fermi sui quali costruire nuovi interventi sociali, proprio alla luce degli effetti sia sociali sia economici che l’emergenza sanitaria ha prodotto nella vita quotidiana di moltissime famiglie ed anche in considerazione delle peculiarità del territorio scelto, fortemente svantaggiato, lontana dai centri di erogazione dei servizi essenziali e con critiche condizioni demografiche di spopolamento e invecchiamento della popolazione: nei Comuni di Valfabbrica, Costacciaro, Sigillo, Scheggia e Pascelupo, Fossato di Vico risiedono 891 bambini di età compresa tra 0 e 14 anni che non hanno accesso a nessun tipo di servizio educativo oltre la scuola pubblica (non vi sono, inoltre, servizi per l’età 0-3 anni)

“Un progetto interessante perché prova a ricentrare il tema educativo e nello specifico quello della povertà educativa, che non è più un problema scolastico, ma diventa una questione di comunità – dice Angelo Palmieri, sociologo - Questo progetto offre un’opportunità per ripensare ad un approccio diverso di definizione di modelli di intervento: non più un progetto imposto dall’esterno, ma si co-costruice con tutti i protagonisti. Si parla tanto di welfare generativo, di generatività sociale, questo è un esempio di una comunità capace di esprimere una serie di elementi culturali, di stimolo, che servono a ridefinire i modelli educativi, comportamentali, culturali e sociali. In questo caso siamo di fronte alla ricomposizione di un modello che va ad affrontare tutte quelle che sono le ricadute di disagio familiare – conclude Palmieri - Il progetto, infine, detta anche dei principi quando afferma che esiste l’opportunità di recuperare il valore profondo di un patto intergenerazionale, che vede famiglie e anziani, istituzioni e scuola unite, rispetto ad uno scenario demografico profondamente modificato. Un argomento centrale sul tema delle politiche di sostegno”.

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