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Cripto-asset, criptovalute e fisco: le analisi dei commercialisti

Nella sede dell’azienda Birra Flea l’approfondimento con il prezioso contributo di Dario Deotto

Il fenomeno dei cripto-asset e delle criptovalute sta diventando sempre più rilevante in svariati settori dell’economia, con implicazioni giuridiche, fiscali, economiche e finanziarie che coinvolgono direttamente i professionisti che supportano imprese e privati, ciascuno per le proprie competenze. Così, per offrire un contributo ai propri iscritti, l’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili della provincia di Perugia ha organizzato a Gualdo Tadino nella sede dell’azienda Birra Flea, l’approfondimento ‘La nuova disciplina tributaria delle cripto-attività’ con il prezioso contributo di Dario Deotto, editorialista de Il Sole 24 ore e commercialista esperto della tematica.

I lavori sono stati introdotti dal dott. Enrico Guarducci, presidente dell’Ordine su citato, e sono proseguiti con i saluti di Matteo Minelli, amministratore delegato di Ecosuntek spa. Nel corso dell’incontro si è discusso di diverse tematiche legate alle cripto-attività, innanzitutto precisando che, seppure il termine ‘cripto’ deriva dal greco ‘nascosto’, ‘coperto’ non significa che queste attività debbano essere per forza qualcosa di oscuro e negativo, né tantomeno possano rimanere nascoste al Fisco.

Dal 2023, inoltre, è applicabile una disciplina fiscale specifica per i guadagni legati ai cripto-assets (criptovalute, DeFi, Cripto Art, NFT, attività di mining o di staking).
Il semplice possesso di cripto-attività, a partire dalle valute virtuali, comporta l’obbligo di dichiarazione ai fini del ‘monitoraggio fiscale’ indipendentemente dall’importo posseduto. Inoltre, i proventi realizzati tramite la compravendita, la permuta o anche la semplice detenzione di cripto-attività di ogni tipo sono imponibili quali ‘redditi diversi’ (art. 67 Tuir, comma 1 lett. c-sexies), se sono pari o superiori, nell’anno, a duemila euro. In alcuni casi poi, soprattutto per chi compra e vende gli Nft, cioè i ‘non fungible token’, contenuti digitali che rappresentano oggetti del mondo reale (chi acquista un’opera legata a un non-fungible token non acquista l’opera in sé, ma semplicemente la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera), potrebbe anche essere necessario possedere la Partita Iva.

“Con questo incontro – ha spiegato Guarducci – abbiamo voluto dare la possibilità ai nostri iscritti di guardare con interesse alle evoluzioni e prospettive di nuove frontiere e le opportunità per la nostra professione; le criptovalute sono ormai conosciute da diverso tempo ma devono ancora essere esplorate le connessioni con il Metaverso e con gli Nft, tutti argomenti che probabilmente entreranno in maniera sempre più incisiva nel lessico quotidiano”.

“Questi sono temi su cui è più facile demonizzare che cercare di capire – ha commentato Deotto –. Sicuramente, così come nel mondo ‘in chiaro’ ci sono fenomeni oscuri, altrettanto possono esserci nel mondo delle cripto-attività. Si tratta, quindi, di provare a capire e prendere la parte ‘buona’ anche perché, volenti o nolenti, tra dieci anni saremmo costretti a praticare questa realtà. Poi c’è tutta la questione sugli aspetti fiscali e giuridici da costruire. La legge di bilancio ha cercato di disciplinare, ma ci si augura che le norme verranno migliorate perché quelle attuali creano qualche perplessità”.

“Bisogna guardare sempre al futuro ed essere all’avanguardia – ha concluso Minelli –. Ho investito nel mining non speculativo circa 5-6 anni fa. Per fare mining serve tanta energia elettrica e noi la produciamo dal nostro impianto fotovoltaico. Questo ci è servito per entrare nel vivo di una tecnicalità diversa da quelle tradizionali”.

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