Coronavirus, i sindaci dell'Umbria chiudono le scuole riaperte dal Tar. I genitori: "Non ci arrendiamo"
Il comitato 'A scuola' che aveva impugnato l'ordinanza regionale: "La nostra azione legale proseguirà". E intanto ha già raccolto mille firme un altro appello (“Misure urgenti per scuole aperte e sicure”) spedito alla governatrice Tesei
"La nostra azione legale, che proseguirà nei tempi e nei modi che riterremmo più opportuni, vogliamo che siano rispettati il diritto dei bambini e dei ragazzi ad avere una scuola in presenza per quanto previsto dal Dpcm per la zona rossa o arancione". Prometteno battaglia i genitori di 'A scuola' dopo le ordinanze emanate nelle ultime ore da diversi sindaci dell'Umbria, per tenere chiusi fino al 21 febbraio gli asili nido e le scuole materne che invece il Tar aveva 'riaperto' due giorni fa in seguito al ricorso presentato dallo stesso comitato contro un'ordinanza della Regione.
I genitori contestano il modo in cui le amministrazioni comunali sono arrivate a prendere questa decisione: "Ci chiediamo come mai i dati sui positivi per fasce di età e relativi alla popolazione scolastica a livello comunale, presumibilmente mai pubblicati e condivisi dalle istituzioni, siano 'saltati fuori dal cilindro' solo ieri, per poter essere inseriti nelle Ordinanze emesse o in fase di emissione. Ci chiediamo a questo punto se i Comuni siano costantemente informati su questo a tal punto da poter prendere decisioni tempestive e soprattutto giustificate al fine di limitare l'aggravamento dello stato pandemico in Umbria". E ancora: "Il Comitato è fermamente convinto che decisioni pubbliche così importanti come quelle sulla chiusura delle scuole, debbano essere prese in ogni caso sulla base di dati certi, condivisi e trasparenti in modo da rendere consapevoli e partecipi i cittadini sulla reale situazione epidemiologica".
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Nel mirino dei genitori anche la Regione: "Esiste una 'anomalia umbra' nella gestione della scuola durante la pandemia - dicono i genitori -. Considerando che siamo stati i primi a chiudere le scuole, anche quando non previsto dalla normativa nazionale in base ai colori, ormai dovremmo avere meno contagi che nel resto d’Italia. E invece, nonostante tutto ciò, nonostante i sacrifici dei ragazzi e delle loro famiglie, abbiamo i dati peggiori di tutte le altre regioni. Evidentemente qualcosa non ha funzionato fuori dalle scuole nella gestione della pandemia e forse è un qualcosa che non ha nulla a che vedere con le scuole, né con la popolazione scolastica... Anche nelle altre regioni ci sono gli studenti, ci sono le fermate dei pullman, ci sono gli adolescenti, ma mentre l'Umbria pensava e pensa a come chiudere le scuole, le altre lavorano e lavoravano per tenerle aperte in sicurezza".
La scuola, secondo il comitato, "non deve essere usata come uno scudo di protezione che protegga la Regione dall'accusa di inefficienza e le faccia chiudere quando le cose volgono al peggio. In Umbria il problema isulta essere di tipo prettamente sanitario, come dimostrano anche i recenti appelli inviati dai sindacati dei medici umbri, che denunciano una situazione al limite all'interno degli ospedali. Molte regioni sono oggi nella situazione in cui l’Umbria era un mese fa, con la differenza che gli altri oggi tengono aperto, mentre noi avevamo le scuole chiuse anche un mese fa e la situazione non è certo migliorata, anzi. Attraverso un lavoro di sinergia tra istituzioni e non di rimpallo di responsabilità è possibile uscire da questo grave impasse, ma occorre assumersi le proprie responsabilità sulla base di dati adeguati certi e condivisi. Ancora una volta, lanciamo un appello: non ci costringete a ricorrere ancora alla giustizia: lavorate per il bene di tutti, anche degli studenti".
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E un appello ('Misure urgenti per scuole aperte e sicure') è stato lanciato lo scorso 10 febbraio anche da altri genitori (raccolte mille firme in pochi giorni con il passaparola) e spedito oggi alla governatrice umbra Donatella Tesei a cui si chiede di "fare delle scuole aperte un presidio per la prevenzione e per il controllo della diffusione del contagio". La richiesta è infatti quella di "attivare tempestivamente una campagna di screening a tappeto da effettuarsi direttamente presso gli istituti scolastici con la somministrazione dei tamponi rapidi antigenici a tutti i bambini, gli studenti e al personale docente e non". Uno screening da ripetere regolarmente, “contribuendo così al contenimento
della pandemia e permettendo al contempo un ritorno di bambini e ragazzi ad una vita più adeguata ai loro bisogni educativi, psicologici e sociali”.
Si tratterebbe quindi di una forte implementazione della campagna di screening già in atto nelle farmacie, considerando anche che mentre la scuola è "di fatto l’unico luogo in cui si realizza una socialità controllata", non si può dire lo stesso delle "situazioni private in cui si ricorre a nonni o babysitter, non è possibile alcun controllo e non è previsto alcun protocollo". Da qui la richiesta alle istituzioni affinché “si impegnino ad adottare tempestivamente le misure qui proposte o tutte le altre misure che riterranno necessarie al fine di garantire lo svolgimento in sicurezza e con continuità di questo imprescindibile servizio pubblico”.