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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Chiusura del rifugio per i senzatetto a Perugia, Demos Umbria: "Pronti a manifestare a Sant'Erminio"

Il consigliere regionale Fora e il coordinatore umbro Vescovi presentano un documento e chiedono al sindaco Romizi una proroga dell'accoglienza per il mese di maggio nel Cva e nella palestra del quartiere perugino

L'emergenza coronavirus e il conseguente 'lockdown' imposto dal Governo che ha praticamente costretto alla 'quarantena' tutti gli italiani dalla prima metà di marzo ha posto un problema di non poco conto nella 'gestione' delle persone senza fissa dimora, che una casa in cui restare non ce l'hanno. E se i disagi si sono avuti soprattutto nelle città più grandi, dove gli 'homeless' sono un numero considerevole, anche l'Umbria ha dovuto fare i conti con questa emergenza, soprattutto a Perugia dove la decisione del sindaco Andrea Romizi di chiudere le porte del Cva e della Palestra di Sant'Erminio ai senzatetto.

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E proprio di questo tema si occupa il documento illustrato in una conferenza stampa dal consigliere regionale Andrea Fora e da Riccardo Vescovi, coordinatore regionale di 'Demos Umbria'. Un'analisi di quello che non ha funzionato e alcune proposte per la Fase 2 che prenderà il via dal 4 maggio con 'allentamenti' solo parziali dei divieti di spostamento. I rappresentanti di 'Demos Umbria' hanno anche annunciato che, qualora il Comune di Perugia non dovesse prolungare il termine del 4 maggio per l'ospitalità nel  CVA e Palestra di Sant'Erminio per poi lavorare nel mese di maggio per una soluzione più idonea e stabile con le altre autorità preposte e con il mondo del terzo settore e del volontariato sociale - manifesteranno nella mattinata del 4 maggio alle ore 12 davanti alla struttura di Sant'Erminio insieme ad altre persone sensibili sul tema, ovviamente muniti dei dispositivi di sicurezza e rispettando le norme sul distanziamento.

Ecco il documento di 'Demos Umbria'...

In tutte le città medie e grandi sono tante le persone costrette, per motivi diversi, a vivere in strada. Una vita dura, segnata non solo dalla povertà, ma dall'isolamento, l'invisibilità, il disprezzo, le malattie fisiche e psichiche, a volte l’illegalità.
Fermarsi, parlare, instaurare un rapporto personale di aiuto e di amicizia, soccorrere nelle necessità, sono i gesti semplici del Buon Samaritano, che colmano l'abisso di indifferenza che circonda la vita e talvolta la morte di chi vive per la strada.
La conoscenza diretta delle vicende personali di tanti senza tetto fa cadere i pregiudizi che spesso condizionano il modo di guardare a questo particolare aspetto della povertà urbana. Primo fra tutti l’idea che quello dei poveri sia un mondo a parte. Viceversa chi vive per strada spesso è una persona come tutte, che è stata travolta da difficoltà della vita comuni a tanti (disoccupazione, perdita dell’alloggio, separazione coniugale, lontananza dal proprio Paese, assenza di una famiglia,
fragilità psicologica, ecc.) alle quali non ha saputo far fronte anche per la mancanza di reti di sostegno. Quasi sempre non è vero che chi vive in strada non vuole uscire dalla propria condizione, ma l’isolamento e lo stile di vita che li inabissa in maniera progressiva rendono difficile per queste persone e per noi che li ignoriamo anche solo immaginare un futuro diverso. Se si è soli è quasi impossibile: è più facile se si ha la compagnia e il sostegno di qualcuno con e per cui farlo.
Una comunità che non si prende cura dei più deboli, dei più fragili, spesso maleodoranti e irascibili, a volte anche pericolosi, che si volge dall’altra parte e non interviene con una rete di supporto, non è una comunità inclusiva. 

Cosa non ha funzionato a Perugia

L’emergenza Covid-19 ha amplificato una difficoltà nella gestione dei senza fissa dimora che sul territorio comunale si sta prolungando da anni, da quando gli interventi sugli 'homeless' sono stati improntati solo a tamponare l’emergenza, in particolare nei due o tre mesi invernali. Non c’è stata una progettualità a lungo termine né una presa in carico di quelle persone come singoli - ognuno con caratteristiche, limiti e potenzialità specifiche e con possibilità di futuro - da parte di tutto il
sistema territoriale.

I senzatetto vengono considerati un ‘problema’, del tutto residuale nelle decisioni e nella programmazione politica; esistono in relazione al disturbo che arrecano al resto della popolazione e all’immagine della città e si riflette soltanto su come limitare questo disturbo. Eppure, malgrado siano poche decine, il come ci si fa carico (oppure no) di loro acquisisce anche una valenza
simbolica su quanto una comunità sia interessata e capace di occuparsi dei più indigenti e disperati.

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LA SITUAZIONE OGGI

Si è proceduto a scatti. Con spostamenti, apri e chiudi, ordinanze e revoche, che hanno leso la dignità delle persone fragili, dei tanti volontari impegnati e degli operatori sociali che hanno mostrato in questi anni - e in questa fase ancora di più - una motivazione, una forza e anche un coraggio di cui dovremmo essere grati.

Si è proceduto senza coordinamento tra Istituzioni, nella cronica e grave difficoltà anche solo di parlarsi tra rappresentanti del sociale e del sanitario. I bisogni dei senza tetto e le problematiche che li accompagnano richiedono invece una regìa costante, l’intervento in rete di istituzioni diverse (che operino insieme sulle problematiche sanitarie, sociali, di abuso di sostanze, di fragilità psichica, etc.) che si devono necessariamente coordinare, senza rimpalli, non accampando “scuse” intorno al “non è di mia competenza”, “non è una mia responsabilità”, “deve intervenire il livello superiore”, ecc.

È mancato il governo regionale di alcuni processi. Su ambiti delicati come questi, serviva definire subito delle linee guida coordinate tra Regione e ASL in grado di supportare i Comuni nell’assumere decisioni e orientamenti operativi condivisi, omogenei e coerenti.

Si è intervenuto su un ambito che apre a pregiudizi, strumentalizzazioni e comportamenti opportunistici.

Si sono lasciati soli gli operatori della cooperazione sociale e dell’associazionismo nell’affrontare un’emergenza eccezionale, senza presidi, senza strumenti, senza una progettualità, senza convocarli intorno a un tavolo comune per valorizzarne l’esperienza e ascoltare la lettura e le proposte di chi da decenni è a fianco degli homeless. Rimane un fatto: che non si può far finta di nulla o lasciare che persone fragili tornino a girovagare libere per la città senza alcun tipo di risposta dal 4 maggio!

1. Perché il 4 maggio non succederà nulla di nuovo. Il rischio coronavirus non è annullato, la libera circolazione non sarà attivata. Quindi l’alibi del ritorno alla normalità non tiene.

2. E’ decisamente schizofrenico far tornare i senza fissa dimora per strada senza alcun tipo di risposta residenziale, con gli agenti delle forze dell’ordine che li multano dicendo loro di rientrare al proprio domicilio! Non è comunità questa. È decisamente schizofrenico non fornire loro pasti, un letto, dei bagni, la possibilità di lavarsi, con il rispetto di tutte le norme di sicurezza dovute.
3. Non è degno di una comunità accogliente e inclusiva ignorare queste persone che, pur nella loro complessità, possono essere gestite in sicurezza da operatori esperti e, se esiste un coordinamento tra tutti i soggetti in campo, possono trovare risposte dignitose e non di rado riacquisire un livello accettabile di vita.

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COSA SERVE FARE SUBITO

1. prolungare almeno fino a fine maggio l’attuale soluzione temporanea presso i locali di Sant’Erminio, adeguati e in grado di garantire le misure di sicurezza (visto che sono stati tamponati tutti gli utenti, senza rilevare alcuna positività), con la presenza stabile e programmata di operatori professionali e con le associazioni di volontariato che possono intervenire utilmente a sostegno.

2. Attivare in tempi rapidi una cabina di regia regionale che definisca linee guida chiare su standard e modalità di gestione di queste tipologie di servizio, sia nel periodo dell’emergenza Coronavirus che in condizioni ordinarie

3. Attivare contemporaneamente un vero tavolo di confronto e progettazione territoriale, almeno tra Comune e ASL (coinvolta nelle sue varie funzioni: Igiene e sanità pubblica, Distretto, SerT, DSM, ecc.)

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