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Corciano omaggia Pasolini con uno spettacolo di contaminazione musical-multimediale. Sotto i riflettori Ramberto Ciammarughi

Una raffigurazione che è trasfigurazione, schegge visive e sonore che penetrano i recessi della memoria: dei cinefili, degli amanti della pagina poetica, dei collezionisti di cartoline storico-antropologiche

Corciano omaggia Pasolini con uno spettacolo di contaminazione musical-multimediale. Sotto i riflettori Ramberto Ciammarughi. Una proposta di sicuro appeal per celebrare il centenario dalla nascita del poeta di Casarsa. S’intitola “In forma di canto” il concerto che contamina linguaggi e suggestioni visivo/sonore. Il pianista compositore assisiate, jazzista di rango, ha offerto una performance in cui gli elementi pasoliniani di carattere biografico e artistico (letterario e cinematografico) si fondono in una sintesi originale. Così è dato incrociare immagini documentarie e spezzoni di film pasoliniani e felliniani, perfino del cinema muto, con un’ardita sintesi musicale di “24 mila baci” e motivi romaneschi. Interpolati, riletti, reinventati da Ciammarughi. Documenti sonori del cineasta-poeta e l’appassionata orazione funebre di Moravia: “Abbiamo perso prima di tutto un poeta e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo. Ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo”. Parole da sottoscrivere e trascrivere in lettere di bronzo. La musica dialoga con elementi del disegno sonoro e delle arti visive. Esperimento rischioso e coraggioso.

Una raffigurazione che è trasfigurazione, schegge visive e sonore che penetrano i recessi della memoria: dei cinefili, degli amanti della pagina poetica, dei collezionisti di cartoline storico-antropologiche. Fra ragazzini che giocano a pallone su strade sterrate e prostitute che si contendono il posto. Uno scrigno di musica e immagini, atto a connettere lacerti di una fusione reale- immaginario di tre decenni. Ramberto Ciammarughi, dietro il telino delle proiezioni, non era solo col suo pianoforte. Gli fornivano carburante Nicola ‘Fumo’ Frattegiani (disegno sonoro), Giacomo Della Rocca (visual). Per una produzione del Piccolo Teatro degli Instabili, a cura di Samuele Chiovoloni e Francesco Bolo Rossini. Insomma: un prodotto tutto nostro. Cui va il plauso convinto degli amanti dell’innovazione e dell’integrazione dei linguaggi. Uno spettacolo complesso. Perfino difficile. Che di certo, per una fruizione esaustiva, richiede il possesso di prerequisiti di carattere culturale. 

Pienamente godibile da quanti hanno il culto del cinema e della figura di Pier Paolo. Che combatteva contro i mulini a vento di un impenetrabile
Palazzo. Rimpiangendo i tempi in cui le lucciole, al calar della sera, ci facevano apprezzare un paradiso dal quale ci avrebbe inesorabilmente cacciato il virus del consumismo. Più forte di qualsiasi arma batteriologica. Tanto subdolo e violento da farci perdere rispetto per chi canta fuori dal coro. E per chi fu ucciso anche perché amava ricordarci che produrre di più non significa necessariamente progredire. E che le borgate, trasformate in loculi di cemento, sono meno umane delle baracche. Molto meno umane.

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