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Venerdì, 19 Aprile 2024
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INVIATO CITTADINO Cocciai derutesi in piazza Italia e a Sant'Ercolano. Non si fa una lira

Di questo passo, restituisco la licenza e chiudo con Perugia

Cocciai derutesi in piazza Italia e a S. Ercolano. Non si fa una lira. Di questo passo, restituisco la licenza e chiudo con Perugia.

Pacata, ma decisa, la posizione di uno dei due cocciai derutesi che albergavano in piazza Danti nelle mattinate di martedì e di sabato. Proseguendo una tradizione secolare che li ha visti (dall’Ottocento) in piazza IV Novembre, in piazza Piccinino e, infine, dal secondo dopoguerra, nella piazza intitolata alla famiglia Danti, feconda stirpe di artisti e di scienziati.

Gli artigiani derutesi ne hanno subite di tutti i colori: multati, penalizzati, spostati come pedine in una scacchiera. Da piazza Danti a piazza Italia, da lì a piazza Matteotti e sotto le scalette di S. Ercolano. Senza pace, senza tregua, senza poter lavorare.

Dicono: “Forse non ci riporteranno più in piazza Danti, che viene “riqualificata”. Ma perché: noi la squalificavamo?”.

D’altronde, davanti alla Banca d’Italia non si può stare “per motivi di sicurezza”. Tranne il sabato, quando la banca è chiusa. A piazza Matteotti non li fanno più andare. E nemmeno lungo il tratto iniziale di piazza Italia che fiancheggia l’inizio del corso.

Vicino al monumento di piazza Italia i turisti vengono poco.

A S. Ercolano, spesso non si trova posto per piazzare il banco, a causa delle auto dei residenti. Il cartello dice di lasciare il posto nei giorni di mercato, ma occorre chiamare la Municipale. E, dopo che hanno spostato le auto – come è successo giorni fa – si sono fatte le 11 e, fra mettere su il banco ed esporre, non ne vale la pena: è ora di tornare a casa.

Insomma: così non va. Di questo passo, i cocciai derutesi prendono armi e bagagli e smettono di venire a Perugia. “Oggi – ci ha riferito uno dei due in piazza Italia – è ora di smontare e non abbiano fatto nemmeno i soldi per un caffè”. “L’ho detto alla signora della gelateria veneta che mi ha risposto ‘glielo offro io’. Ma non ho accettato”. Questione di dignità. Non si umilia così la categoria degli artisti-artigiani. Non si cancella così una tradizione.

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