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PERUGINERIE Come ti tradisco la ciaramicola

Da prodotto pasquale, a forte caratura identitaria, a banale dolce di tutti i giorni

Come ti tradisco la ciaramicola. Da prodotto a forte caratura identitaria, a dolce di tutti i giorni. Con la perdita di caratteristiche simboliche che ne facevano un prototipo di peruginità.

C’era una volta un simbolo, legato a doppio filo con la storia cittadina. 

FOTO - Come ti tradisco la ciaramicola. Da prodotto pasquale, a forte caratura identitaria, a banale dolce di tutti i giorni


(foto e immagini esclusive Sandro Allegrini)

L’aspetto della CIARAMICOLA (dal latino “clara + mica” = mollica chiara) era infatti strutturato in cinque montagnole, rappresentanti ciascuna un rione, divise da una serie di solchi, a simboleggiare le cinque vie regali.

Al centro un rilievo, idealmente riferito alla Fontana Maggiore che costituiva, per così dire, il punto di convergenza di quei percorsi.

Il rosso dell’impasto, fornito dall’alchermes, richiamava il colore cittadino, detto “rosso Perugia” (a Mugnano, al posto dell’alchermes si usa l’anisetta... ma è tutt’un altro gusto).

Così come le codette (“cecini” in lingua perugina) erano originariamente riferite ai colori dei cinque rioni.

Rosso per Porta S. Angelo (in riferimento al fuoco prodotto con la legna proveniente da quella zona), il celeste di Porta Santa Susanna (il colore delle acque del Trasimeno), il bianco di Porta Sole (il travertino o la farina), il verde di Porta Eburnea (gli orti), il giallo di San Pietro (il colore del grano del Pian del Tevere). Oggi i colori sono sparsi a caso.

Ricordo di avere visto una sola volta (dalla Maestra pasticcera Carla Schucani-Sandri) una ciaramicola coi cinque tagli, allusivamente riferita alle cinque vie regali che si ricongiungono al centro nell’immagine della Fontana Maggiore. Oggi si vedono ciaramicole col buco il mezzo o addirittura con la montagnola di glassa a coprire il tutto. Ma delle cinque vie regali non c’è traccia.

L’aspetto del ‘coperchio’, uniformemente bianco, è conferito dall’albume che è pastoso o in crosta secca, a seconda del grado di cottura e del momento in cui l’uovo viene depositato sulla superficie.

C’è peraltro da notare il significato rigenerativo dell’uovo. Ricordando che l’albume (dal latino “albus” = “bianco”) costituisce, per così dire, la parte più alta e “spirituale”, completando il giallo-rosso, più solido e compatto, del tuorlo.

Ovvio rilevare che ormai la ciaramicola ha smesso di configurarsi come dolce essenzialmente pasquale, essendo proposto ordinariamente sui banchi delle panetterie-pasticcerie. Il che, in tempi di consumismo, non è necessariamente una iattura. Si vuole semplicemente rilevare la banalizzazione di un prodotto, nato per celebrare le festività pasquali sotto il segno della peruginità.

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