Che fine hanno fatto le preziose pietre litografiche che Lydia Tilli donò al Comune di Perugia?
Lydia – e la città tutta – attendono di sapere dal Comune di Perugia che fine abbiano fatto quegli storici e preziosi reperti
Ma che fine hanno fatto le preziose pietre litografiche che Lydia Tilli donò al Comune di Perugia? Qualche anno fa sollevò scandalo un servizio dell’Inviato Cittadino in cui si dimostrava che le storiche macchine tipografiche di Tilli, donate al Comune, sfrattate da un capannone, erano state gettate in un campo a Balanzano, in mezzo al fango. E con esse le preziose pietre litografiche incise dal tipolitografo Brenno Tilli, anarchico perugino denominato “Signor NO”, proprio per la sua avversione al potere, a tutti i poteri costituiti e di qualunque genere essi fossero. Un anarchico-pacifista, amico del filosofo nonviolento Aldo Capitini. Restano memorabili i manifesti (immortalati dal fotografo Carlo Tirilli e riportati nel bel libro di Benedetta Pierini sulla storia della famiglia Tilli) che Brenno affiggeva in via Bartolo, fra l’ammirazione, o la riprovazione, dei perugini.
Chi, come il sottoscritto, lo ha conosciuto, è portato a pensare che Brenno Tilli si rivolterà nella tomba. Dopo il disvelamento di quello scandalo (ero stato informato dal filosofo Gianfranco Bottaccioli e da Marcello Catanelli di quello scempio), i responsabili del Comune – con la faccia rossa dalla vergogna – si precipitarono a recuperare quei materiali melmosi e li fecero trasportare alla depositeria del Pian di Massiano. Le macchine furono appoggiate a lato di un capannone, con la promessa di un restauro… che non è mai avvenuto.
E le pietre? A mia memoria stavano ammonticchiate e ricoperte da un telo. Ebbi l’ardire (con la “complicità” di un custode dell’epoca) di sollevare quel telone di plastica e quello che notai mi lasciò senza fiato. Oltre a inviti, partecipazioni, biglietti di vario genere e prodotti commerciali, c’erano effigiati un Grifo, disegni vari, capolavori che risalivano alla famiglia (il padre e il fratello) di veri artisti dell’incisione litografica.
Si disse che quegli storici esemplari avrebbero avuto una degna collocazione. Ma, con gli anni, se ne è persa memoria. Forse nessuno ricorda che siano esistiti. Ma non così la figlia e il sottoscritto. Fino a qualche anno fa, si intravvedevano quei materiali passando dalla strada. Ma ora più niente. Dove sono stati portati? Che fine hanno fatto? Sono stati messi in salvo o, forse, trafugati o gettati via? Non abbiamo titolo per andare a verificare, ma ci sorregge l’ardire del cronista che si avvale del diritto-dovere di cronaca, per motivi di etica e di pubblico interesse.
Se lo chiede, insieme a noi e alla città, la figlia Lydia, unica erede di quei beni, che oggi si pente di averli donati. Dato che la propria generosità ha avuto esito così triste. Racconta Lydia: “Mario Zucchetti, allievo di mio padre e suo braccio destro, in Germania, qualche tempo fa, ha visto in una vetrina di antiquario una pietra litografica. Ne ha chiesto il costo e si è sentito rispondere: 1200 euro. Confesso che di quel lascito al Comune mi sono amaramente pentita”. “Anche perché – aggiunge – oltre a quello economico, le pietre avevano un forte valore affettivo”.
“Per non parlare – ribatte l’Inviato Cittadino – del valore storico e identitario. In quelle pietre stava scritta una parte importante della storia cittadina, degna di memoria, di tutela e di considerazione”. I conti sono presto fatti. Quelle pietre di Brenno erano centinaia, sebbene qualcuna (si dice) sia stata lasciata tra il fango. Parecchie decine di esse avevano un elevato valore artistico. Ma anche economico. Basta fare qualche moltiplicazione. Al punto che Lydia osserva: “Se la dispersione è il risultato, preferirei averle indietro e trovare una degna sistemazione. O, al limite, si potrebbero vendere a dei collezionisti e dare il ricavato in beneficenza!”. Ma tutto tace. C’è chi maligna che quelle pietre potrebbero essere finire a fare da sentiero in un giardino privato. Ma, a quel punto, non resterebbe che chiedere l’intervento della magistratura. Lydia – e la città tutta – attendono di sapere dal Comune di Perugia che fine abbiano fatto quegli storici e preziosi reperti.