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Il cavallo di Ballerani, alle scale mobili Bellucci, soffre l’angustia di spazio e l’oltraggio dei piccioni. Tornare indietro!

La collocazione alla Rocca del Sangallo era adeguata, nel rispetto delle proporzioni, considerando la ragguardevole dimensione del cavallo

Il cavallo di Ballerani, alle scale mobili di piazzale Bellucci, soffre l’angustia di spazio e l’oltraggio dei piccioni. Collocarlo in quella posizione si è rivelata una scelta infelice.

Prima di tutto, balza all’occhio l’evidente sproporzione fra l’enormità del manufatto e la ristrettezza dello spazio. Tanto che la testa dell’artistico equino quasi tocca il soffitto. La scultura è insomma sacrificata: quell’abito le sta stretto.

Non parliamo, poi, di quello che succede coi piccioni. Una coppia di volatili (foto) si è stabilmente insediata sulla testa del cavallo e becca, lasciando inoltre deiezioni che imbrattano l’opera scolando vistosamente.

Ci dice un esperto del ramo: “La feci di piccione sono acide e potenzialmente in grado di aggredire la resina che riveste lo scheletro ligneo del cavallo”. Insomma: si genera una preoccupazione di costante manutenzione. Coi problemi di spesa e quant’altro.

In aggiunta, la seduta di base è sede di sbandati e homeless. Riferiscono che qualcuno addirittura ci abbia dormito. Abbiamo personalmente visto persone scolare brick di Tavernello e scambiare quel luogo per quello che non è. E così non deve essere.

La scelta di collocare il cavallo di Ballerani in quell’atrio, spostandolo dalla Rocca Paolina, in cui letteralmente “cantava”, si è rivelata palesemente sbagliata. Lo stesso artista si dichiara mortificato (e un po’ indispettito) per la piega che la questione sembra aver irrimediabilmente preso.

Mentre se ne annuncia l’inaugurazione, non c’è proprio spazio per un ripensamento?

La collocazione alla Rocca del Sangallo era adeguata, nel rispetto delle proporzioni, considerando la ragguardevole dimensioni del cavallo. L’opera era, infatti, come si dice “site specific”, ossia naturalmente concepita per quello spazio: col dovuto respiro sia in altezza che in ampiezza.

Aggiungo di aver visto, proprio alla Paolina, torme di turisti prendere di mira quell’opera con gli obiettivi delle proprie digitali. Non ho difficoltà ad ammettere il “sacrilegio” per cui il cavallo di Ballerani era ben più ammirato del celebrato “Grande Nero” di Alberto Burri. Ma è un dato di fatto.

Quanto alla fruizione, ossia alla visibilità di un’opera di questo livello, sembra superfluo rilevare come il numero di turisti alla Rocca sia incomparabilmente superiore a coloro che passeranno per questa scala mobile. A meno che non si voglia incorrere nella violazione del principio per cui le cose belle vanno messe in mostra. Qui, paradossalmente, si è invece deciso di “nascondere” un manufatto d’arte.

Ci si chiede, in proposito, come si possa aver deciso di spostare questo capolavoro, lasciando operativo quell’autentico suk di prodotti da bancarella, cinesi o anche peggio, che si tiene negli splendidi locali della fortezza di Paolo III.

Il cavallo, insomma, era inidoneo, mentre quell’emporio di paccottiglie ci sta bene? Tesi insostenibile da qualunque persona dotata di un minimo buon senso.

Qualche volta, toccherebbe avere il coraggio di dire: “Ho sbagliato. Torno sulla mia decisione”.

Più che motivo di critica per incoerenza, sarebbe una bella lezione di modestia, di realismo. Di democrazia, insomma.

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